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Tollerare certi autocrati comporta sempre gravi conseguenze

Quando il diluvio ci minaccia, non bisogna temere di bagnarsi i piedi.

Anton Čechov, Da “Il duello”; 1891

La seconda guerra mondiale era finita da circa quindici anni, mentre il mondo, geopoliticamente parlando, risultava diviso in due campi avversari ed ostili. Quello democratico dei Paesi occidentali e il campo comunista, capeggiato dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, nota come l’Unione Sovietica. Era il tempo in cui gli Stati Uniti d’America avevano tentato di invadere, nell’aprile 1961 la Baia dei Porci in Cuba. Mentre in Italia ed in Turchia erano stati già installati missili a medio raggio PGM-19 Jupiter. Il che ha portato all’accordo segreto tra l’Unione Sovietica e Cuba per l’installazione sul territorio cubano dei missili, compresi anche quelli con testate nucleari. Dalle fotografie fatte da un aereo militare statunitense si vedevano chiaramente delle rampe con dei missili, situate a circa 140 chilometri dalle coste degli Stati Uniti d’America. Il che ha portato, nell’ottobre 1962, ad un blocco navale statunitense intorno alle coste cubane. Un blocco che venne tolto in seguito, il 20 novembre 1962, dopo lunghi e difficili negoziati tra i rappresentanti del presidente degli Stati Uniti e quelli del Segretario generale del Partito comunista sovietico.

In una simile realtà geopolitica e geostrategica, per contrastare la crescente e preoccupante influenza di varie forme delle ideologie di sinistra, soprattutto quella comunista, nel 1961 si costituì a Santiago, la capitale del Cile, l’Unione Democratica Cristiana Mondiale. Si trattava di un raggruppamento di molti partiti di orientamento democristiano. Dopo aver cambiato alcuni nomi, dal 1999 l’organizzazione è finalmente nota come l’Internazionale Democratica Centrista (IDC – The Centrist Democrat International, CDI; n.d.a.). Attualmente in questa organizzazione si trovano raggruppati 109 partiti da 83 Paesi diversi, soprattutto dell’Europa e dell’America Latina. Durante questi quasi sei decenni a questa organizzazione hanno aderito altresì, altri partiti politici, sia di orientamento centrista che conservatore moderato. Parte integrante e attiva di questa organizzazione è anche il Partito Popolare europeo (PPE), il maggior partito dell’Unione europea. Un partito che è stato costituito nel luglio 1976. PPE rappresenta un vasto raggruppamento di partiti politici di centro-destra dei Paesi membri dell’Unione e di altri Paesi europei.

Il 18 novembre scorso, l’Internazionale Democratica Centrista ha approvato all’unanimità una risoluzione sulla situazione politica in Albania. Si tratta di un documento ufficiale molto critico nei confronti del governo albanese, che rispecchia l’ormai ben nota e molto preoccupante realtà albanese. Una realtà  vissuta e sofferta da anni per la maggior parte della popolazione del Paese. Una realtà che, come tale, ha costretto circa un terzo dell’intera popolazione a scappare all’estero, con la speranza di una vita migliore. Una realtà, quella albanese, che ormai, soprattutto durante gli ultimi mesi, è stata trattata con oggettività da molti noti media europei e statunitensi. Il nostro lettore è stato informato di questi sviluppi a più riprese, sempre fatti alla mano (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…).

Ebbene, la risoluzione sulla situazione in Albania dell’Internazionale Democratica Centrista ha tra l’altro evidenziato che durante questi ultimi 11 anni “….tutti i poteri sono stati concentrati nelle mani di una sola persona”. E si riferiva al primo ministro. Poi sottolineava che “…Simile alle situazioni in Bielorussia ed in Tunisia, i dirigenti dell’opposizione, i deputati del Parlamento ed i funzionari del governo locale, rappresentanti scelti dell’opposizione si affrontano con persecuzioni politiche e con imprigionamenti”. Poi nella sopracitata risoluzione si afferma che preoccupa molto “….la sfrenata corruzione, così come i legami e le influenze problematiche della criminalità organizzata”.  Aggiungendo che “la criminalità organizzata, in stretta connivenza con i cartelli della droga dell’America Latina, che sono ben diffusi in molti Paesi europei, stanno usando l’economia e la situazione politica albanese per il riciclaggio del denaro, dimostrando così un preoccupante miscuglio dello Stato e delle imprese criminali”. In seguito la sopracitata risoluzione sull’Albania dell’Internazionale Democratica Centrista tratta anche il diretto coinvolgimento delle strutture del governo centrale e locale, della polizia di Stato e molto altro, spesso anche in stretta collaborazione con la criminalità organizzata locale, che vengono usate per condizionare il voto, intimidendo i cittadini, oppure comprare il loro voto, durante le elezioni politiche ed amministrative.

Un capitolo di questa risoluzione è stato dedicato al sistema della giustizia in Albania, affermando che “….L’Internazionale Democratica Centrista sottolinea la necessità di un [sistema] giuridico imparziale ed indipendente […]. Ci sono delle preoccupazioni legittime che le istituzioni chiave [del sistema della giustizia], che si suppone funzionare in modo imparziale, come garanti della democrazia e dello Stato di diritto, nella loro maggior parte sono diventate dei potenti strumenti della maggioranza socialista per sopprimere gli avversari politici”. Poi la risoluzione sottolinea che il sistema della giustizia “…non si può usare come arma politica a preparare il terreno per le manipolazioni elettorali, ricordandoci le tattiche dei sistemi autoritari”. In seguito la risoluzione si riferisce agli arresti politici, agli imprigionamenti, in piena violazione delle leggi in vigore, dei massimi dirigenti dell’opposizione. Una realtà questa ormai nota anche per il nostro lettore (Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023; Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023; Un dittatore corrotto e disposto a tutto, 20 dicembre 2023; Preoccupanti e pericolose somiglianze; 16 gennaio 2024; Sostegno da Oltreoceano ad un autocrate corrotto, 20 febbraio 2024; Un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto, 28 Ottobre 2024).

Un’altra risoluzione sulla preoccupante situazione in Albania è stata approvata all’unanimità il 22 novembre scorso anche dal Partito Popolare europeo. La risoluzione affermava che “…La realtà dell’integrità istituzionale si riflette come corruzione endemica e mancanza di libere ed oneste elezioni, secondo gli standard dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.). La risoluzione condannava “Ogni supponibile persecuzione politica dei dirigenti dell’opposizione”. Condannava anche “…i legami della criminalità organizzata con l’élite politica e con i funzionari delle forze dell’ordine”.

Chi scrive queste righe condivide quanto si afferma nelle due sopracitate risoluzioni. Egli è però convinto che il diretto responsabile di una simile e preoccupante situazione in Albania sia il primo ministro. Colui che, con la sua ben nota sfacciataggine, riesce a ingannare e/o diventare “utile” per alcuni dirigenti dei Paesi dell’Unione europea e dell’Unione stessa. Si, perchè loro, non di rado, sono più interessati alla stabilità regionale e ad altri “servizi garantiti” dal primo ministro albanese che al funzionamento dello Stato di diritto in Albania. Tollerare però un autocrate come lui comporta gravi conseguenze, non solo per gli albanesi. Ma siccome essi sono i diretti interessati, almeno gli albanesi si devono rendere conto che, come scriveva Anton Čechov, quando il diluvio ci minaccia, non bisogna temere di bagnarsi i piedi. Si devono perciò ribellare contro il primo ministro, nonostante la “tolleranza interessata” nei suoi confronti di alcuni dirigenti europei.

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