pandemia

  • Alberghi in allarme per il caro energia “insostenibile”

    “Nel settore alberghiero, stiamo vivendo la tempesta perfetta. Prima è arrivata la pandemia, poi la guerra e con quella il rincaro energetico. Secondo le nostre stime il costo dell’energia passerà dal 5% al 20% nel fatturato delle imprese, ed è insostenibile”. Lo ha detto la presidente di Confindustria Alberghi Maria Carmela Colaiacovo, nella conferenza stampa alla Camera “Caro energia, è allarme per il settore alberghiero. La crisi energetica dopo due anni di pandemia, impatti sulle imprese alberghiere e sui servizi”, su iniziativa dell’onorevole Maria Teresa Baldini (Italia Viva) organizzata da Confindustria Alberghi e Assosistema Confindustria.

    “Speriamo che il governo inizi a strutturare gli interventi secondo una logica di filiera”, ha sottolineato il vicepresidente di Assosistema Confindustria Marco Marchetti. Tra le proposte congiunte di intervento all’esecutivo: l’innalzamento al 25% del credito di imposta previsto per l’acquisto di energia elettrica, analogamente a quanto stabilito per le imprese energivore; la proroga immediata almeno di un ulteriore trimestre dei crediti di imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas, dell’Iva agevolata per l’acquisto di gas e delle misure di azzeramento/riduzione degli oneri di sistema; l’introduzione di maggiorazioni sui crediti di imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas nel caso di imprese che hanno perdite di fatturato nel secondo trimestre 2021 superiori al 50% rispetto l’analogo periodo 2019.

    “Con oltre 32mila strutture e un milione di camere e due milioni di posti letto l’industria alberghiera italiana è fra le prime per capacità in Europa – ha ricordato Colaiacovo – Secondo l’Istat il settore prima della pandemia occupava 220mila lavoratori per un fatturato complessivo di 21 miliardi e secondo le nostre stime, le spese per l’acquisto di energia nel 2019 erano di 1,1 miliardi di euro, il 5% del fatturato”. Il Covid “ha falcidiato” il settore. Da un fatturato “di oltre 21 miliardi nel 2019 c’è stato un -54%, con un fatturato di 9,5 miliardi nel 2020”. Inoltre “già nel 2021 tra gennaio e dicembre per il gas aumentato del 400% a fronte di un fatturato ancora in contrazione”. Ora con l’ulteriore aumento di costi energetici, “non si possono aumentare i prezzi nelle nostre strutture, anche perché c’è ancora una bassissima domanda. Si devono trovare altre soluzioni” sottolinea.

    “Associo al grido d’allarme del settore alberghiero anche quello delle lavanderie industriali, sviluppate su tutto il territorio, che provvedono a reperire tutto il materiale tessile necessario per vestire le strutture alberghiere e gli hotel, anche con una manutenzione costante e quotidiana – sottolinea Marco Marchetti -. Stando all’Osservatorio di Assosistema Confindustria che ha periodicamente analizzato i numeri del settore, a dicembre 2021 ha registrato un calo dell’attività dell’85% con una previsione per i primi 3 mesi del 2022 di -65%”. Nel 2020 il settore delle lavanderie industriali per il turismo “ha registrato una perdita di 395 milioni di euro di fatturato, mentre nel 2021 una perdita di 350 milioni di euro”. A questa situazione già grave “si aggiungono i rincari delle bollette di gas ed energia ed i costi delle materie prime. I numeri parlano chiaro: sono circa 30.000 mila i lavoratori (di cui il 65% donne) a rischio. La situazione diventa decisamente drammatica se si considerano i valori del 2019 rispetto ai quali, nelle rilevazioni di energia e gas si registrano aumenti, rispettivamente, del +500% e, addirittura, del +800% per il gas (8 volte il corrispettivo del 2019)».

  • La Commissione interviene per sostenere il settore del commercio al dettaglio nel contesto della pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 200 milioni di euro a sostegno del settore del commercio al dettaglio nel contesto della pandemia di coronavirus. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato.

    Nell’ambito del regime, l’aiuto assumerà la forma di sovvenzioni dirette. La misura sarà aperta alle imprese che svolgono commercio al dettaglio come attività principale che hanno subito un calo del fatturato di almeno il 30% nel 2021 rispetto al 2019 e i cui ricavi non hanno superato i 2 milioni di euro nel 2019. L’importo dell’aiuto per beneficiario sarà calcolato sulla base della differenza tra i ricavi medi mensili nel 2021 e quelli registrati nel 2019. L’obiettivo del regime è soddisfare il fabbisogno di liquidità dei beneficiari e aiutarli a proseguire le loro attività durante e dopo la pandemia.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l’aiuto i) non supererà i 2,3 milioni di euro per beneficiario; e ii) sarà concesso entro il 30 giugno 2022.

    La Commissione ha concluso che la misura è necessaria, adeguata e proporzionata per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. Su tale base la Commissione ha approvato le misure in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    Fonte: Commissione europea

  • Il covid ci ha resi più fragili: oltre 100mila richieste di aiuto in un anno a Telefono Amico

    A due anni dall’inizio della pandemia, la situazione psicologica ed emotiva degli italiani è ancora critica. Lo dimostrano i dati dell’organizzazione di volontariato Telefono Amico Italia, che nel 2021 ha superato la soglia delle 100mila richieste d’aiuto ricevute. L’aumento rispetto alla situazione pre-pandemia è drammatico – le richieste d’aiuto sono cresciute dell’85% – e la situazione è in progressivo peggioramento. Rispetto al 2020 e alla fase più acuta della pandemia, infatti, le persone che si rivolgono a Telefono Amico Italia continuano ad aumentare: nel 2021 le richieste d’aiuto sono cresciute del 13% rispetto all’anno precedente.

    «L’impatto della pandemia sulla sfera psicologica delle persone è stato notevolissimo ed è proprio adesso che si iniziano a vedere con chiarezza i danni della situazione vissuta in questi due anni», spiega Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore della UOC di Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. «Se da un lato la società sta ripartendo e si comincia a intravedere il ritorno alla normalità, dall’altro iniziano a essere evidenti le ferite lasciate dalla pandemia sulle persone più colpite emotivamente». «Ciò che più ha messo in difficoltà – sottolinea lo psichiatra – sono state l’insicurezza per il futuro, la sensazione di disperazione e, per i più giovani, la maturazione affettiva mancata per l’assenza del confronto con i pari. Tutti coloro che hanno avuto una resilienza tale da riprendere le attività si rialzeranno, ma coloro che sono stati più danneggiati e che non hanno avuto la possibilità di avere un compenso dal punto di vista psicopatologico resteranno indietro. Negli anni che verranno dovremo stare ancora più attenti, monitorare la situazione e assistere soprattutto le persone più fragili».

    Telefono Amico Italia è da oltre 50 anni al fianco delle persone che hanno bisogno di sostegno, supportandole attraverso tre modalità di ascolto anonimo: il servizio telefonico, che risponde al numero unico nazionale 02 2327 2327, attivo 365 giorni all’anno dalle 10 alle 24; Mail@mica, alla quale è possibile accedere attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito www.telefonoamico.it; WhatsApp Amico, raggiungibile via chat al 324 011 72 52 tutti i giorni dalle 18 alle 21.

    Proprio quest’ultimo è il servizio che ha riscontrato l’aumento più considerevole di utenti rispetto al 2020: le richieste d’aiuto ricevute dai volontari sono aumentate del 56%, passando dalle oltre 6mila a quasi 10mila. WhatsApp Amico è il servizio di ascolto più utilizzato dai giovani: il 27,8% degli utenti ha tra i 19 e 25 anni, il 22,8% tra i 26 e i 35 e il 19,2% ha tra i 15 e i 18 anni. Gli utenti sono, inoltre, per il 66% donne.

    Il servizio telefonico è, invece, quello che ha riscontrato un maggior incremento di nuovi utenti – persone che in passato non avevano mai chiesto aiuto a Telefono Amico Italia – rispetto al primo anno di pandemia: nel 2021 sono stati oltre 46.500, il 35% in più rispetto allo scorso anno, e sono cresciuti addirittura del 160% rispetto al pre-pandemia. Gli utenti che si rivolgono al numero unico nazionale di Telefono Amico Italia, al contrario di WhatsApp Amico, sono prevalentemente uomini (55%) e l’età media degli utenti è più alta rispetto a chi utilizza la chat. Il 24,91% di chi chiama ha tra i 46 e i 55 anni, a seguire le fasce di età più rappresentate sono quella tra i 56 e i 65 anni (21,8%) e tra i 36 e i 45 (21,53%).

    Le difficoltà di chi si mette in contatto con Telefono Amico Italia sono, invece, analoghe tra i diversi servizi di ascolto dell’organizzazione. Il 58%, sia di chi chiama sia di chi scrive su WhatsApp o Mail@mica, segnala problematiche legate all’area del sé, come bisogno di compagnia, tematiche esistenziali, solitudine; un’altra parte di utenza (il 23% di chi telefona, il 32% di chi utilizza WhatsApp e il 21% di chi scrive utilizzando la mail) si trova ad affrontare difficoltà relazionali con famigliari, amici, partner; altri utenti ancora (il 7% per telefono e WhatsApp e l’11% per il servizio di ascolto via email) si trovano a vivere una situazione di emarginazione.

    Desta allarme anche l’aumento delle telefonate ricevute da Telefono Amico Italia con segnalazioni di malattia psichica, che sono cresciute del 29% rispetto allo scorso anno. «L’impatto della pandemia su coloro che erano già alle prese con problematiche psicopatologiche è un tema che ha preoccupato fin dall’inizio – prosegue il Professor Pompili – Le conseguenze sono state importanti soprattutto per le “situazioni sotto soglia”, che non avevano ancora una condizione conclamata; nei casi in cui c’era già una presa in carico è stato possibile continuare a seguire i pazienti. Per coloro che, invece, avevano vulnerabilità più nascoste l’effetto della pandemia ha facilitato l’insorgenza di condizioni più serie».

    «Con la pandemia ci siamo resi tutti conto dell’importanza del benessere psicologico – commenta Monica Petra, presidente di Telefono Amico Italia – di quanto condizioni la nostra qualità di vita e quanto sia pericoloso perderlo. È dal 1967 che Telefono Amico Italia si impegna per stare accanto alle persone più fragili e a tutti coloro che si trovano a vivere un momento particolarmente duro. Proprio come quello che ha colpito tutti da marzo 2020. In questo lungo periodo di emergenza ci siamo impegnati molto per rispondere ai bisogni delle tante persone che ci contattavano, abbiamo messo a servizio di tutti, come sempre, la nostra esperienza e competenza. Adesso è necessario che anche le Istituzioni si impegnino su questo fronte: iniziamo a vedere alcuni tentativi coraggiosi che vanno in questa direzione e sicuramente possiamo considerarli un buon punto di partenza, occorre ora costruire una rete organica di interventi che possano garantire a tutti un sostegno psicologico di base».

  • 2020/2022: dalla pandemia al catasto

    A partire dal 31 gennaio del 2020, quando fu proclamato il primo stato di emergenza, i cittadini italiani hanno dato prova di un’estrema compattezza anche se con diverse posizioni relative alle strategie sanitarie e in riferimento a quelle vaccinali fino alle politiche economiche.

    Anche se con forti contrasti sociali, generati spesso dalla stessa classe politica, nel suo complesso il nostro Paese ha dimostrato un senso di democraticità come espressione del valore più alto della libertà la quale ha permesso confronti anche aspri tra le diverse posizioni ma comunque sempre all’interno di una unità democratica dell’Italia.

    L’emergenza sanitaria ha dimostrato come molto spesso la cittadinanza si dimostri migliore della stessa classe politica la quale ha pure cercato di sfruttare in questo lungo periodo emergenziale le molteplici problematiche solo ad uso e consumo dei propri ritorni elettorali.

    Alle soglie del 31 marzo 2022, quando sarebbe dovuta scadere l’ultima proroga dello stato di emergenza, il mondo intero si trova coinvolto nella terribile questione della guerra in Ucraina. Una catastrofe umana, sanitaria ed economica che ha colpito con colpevole sorpresa tutte le maggiori nazioni ed ha costretto il governo in carica a prorogare lo stato di emergenza al 31/12/2022. Quindi, anche se per diverse motivazioni, il nostro Paese si troverà, arrivati al dicembre 2022, con trentacinque (35) mesi senza interruzione di stato di emergenza: un caso unico nel mondo che dovrebbe aprire invece un dibattito istituzionale sull’abuso da parte degli ultimi governi della propria posizione e del potere che la Costituzione ha loro riservato.

    Il nostro Paese, va ricordato, sta pagando un peso aggiuntivo ancora più alto rispetto agli altri partner europei in termini di sospensione delle prerogative democratiche, anche con un parlamento ridotto ormai a semplice esecutore degli atti governativi.

    Le conseguenze economiche, sintesi di due anni di emergenza pandemica ai quali vanno sommati quelli attuali per la guerra in Ucraina, si stanno rivelando disastrose con l’esplosione dei costi energetici e delle materie prime la cui stessa reperibilità risulta molto problematica sul mercato internazionale.

    In soli due anni, dal 2020 al 2022, il gas è aumentato del 1637%, e solo nell’ultimo anno del 736%, determinando la perdita progressiva della competitività del nostro sistema industriale ed imprenditoriale e l’impennata dei costi delle bollette ormai assolutamente insopportabili.

    In più, l’ultima rilevazione del tasso di inflazione segna un +5,7% il quale andrà interamente a carico delle fasce della popolazione con redditi più bassi (l’inflazione è la tassa più ingiusta del panorama economico fiscale), dimostrando una volta di più come la “riforma fiscale” del 2021 voluta dal governo in carica e relativa alla rimodulazione delle aliquote IRPEF, avendo favorito le fasce reddituali tra i 40/50.000 euro, determini un ulteriore peggioramento per le fasce più deboli da risultare persino offensiva nei confronti dei cittadini meno fortunati.

    A questa situazione disastrosa il governo ha risposto quindi o con dei pannicelli caldi o peggio attuando una politica fiscale avversa alle fasce di reddito più basso mentre la Francia, la Polonia e la Germania hanno adottato l’unica soluzione appropriata in questo contesto: la riduzione della pressione fiscale soprattutto per i prodotti energetici.

    Il grande senso di tolleranza della popolazione e del mondo del lavoro risulta ampiamente superato, come dimostrano i primi blocchi dei Tir contro il caro gasolio al quale il governo sembra voglia rispondere con una riduzione dei pedaggi autostradali i quali, immancabilmente, tra un paio d’anni verranno bocciati come aiuti di Stato dall’Unione Europea.

    Al di là del valore numerico della crescita del PIL siamo all’inizio di una crisi economica senza precedenti successiva ad oltre due (2) anni di emergenza pandemica la quale ha determinato un declino sociale, politico ed economico del nostro Paese alla quale si aggiunge la stagione di guerra.

    Partendo da questa situazione drammatica, soprattutto in prospettiva, la priorità del governo in carica è invece “la riforma del catasto” o, come viene definito, “un semplice aggiornamento del catasto”, talmente semplice da indurre il Presidente del Consiglio Draghi e la sottosegretaria Guerra (Pd) a minacciare una crisi di governo.

    Un comportamento istituzionale assolutamente inappropriato ed inaccettabile perché legato alla situazione attuale che vede il nostro
    Paese all’interno di una stagione di guerra immediatamente successiva a ventiquattro (24) mesi di pandemia le cui terribili conseguenze sono drammatiche in termini sanitari, sociali ed economici.

    Tutto questo dovrebbero indurre ad una maggiore consapevolezza del momento storico attuale e quindi spingere il governo e le forze politiche
    ad una rimodulazione delle priorità della loro agenda politica e governativa.
    Mai come ora la classe politica e governativa italiana aveva dimostrato un completo disprezzo per le difficoltà della popolazione italiana.

  • Illustrissimo Signor Presidente

    Illustrissimo Signor Presidente,

    mi unisco alla profonda stima e ai migliori auguri espressi da tanti italiani per il suo rinnovato mandato.

    La ringrazio, inoltre, sentitamente per averlo accettato nonostante abbia più volte dichiarato di avere altri progetti di carattere personale.

    Il suo gesto, a dimostrazione del suo alto senso di responsabilità e rispetto per le istituzioni, è di grande esempio per tutti noi in questi mala tempora.

    E di grande esempio, a mio parere, è anche l’enorme spirito di sacrificio dimostrato dai bambini delle scuole primarie di tutta Italia in questi recenti mesi.

    La partecipazione alla paura degli adulti per una minaccia invisibile (ma reale e concreta), la perdita, in alcuni casi molto traumatica, dei loro nonni o genitori, la forzata limitazione delle relazioni familiari e interpersonali, la drastica diminuzione di esperienze ludiche o sportive all’aria aperta, le decine di ore settimanali passate da soli davanti ad un computer o ad un televisore, sono solo alcuni degli esempi di quanto sia stata, e purtroppo lo è ancora, un’esperienza oggettivamente molto difficile.

    Nonostante ciò, sopra alle loro mascherine (credo tra i pochi in Italia a indossarle ancora quotidianamente per ore di fila), possiamo intravedere la luce dei loro occhi traboccanti di fiducia verso di noi e il futuro.

    Purtroppo il loro sforzo non è sempre sufficiente. Fenomeni come l’autolesionismo, disturbi alimentari, ansia, depressione e il cyberbullismo sono in crescita esponenziale. Accreditati studi scientifici, infatti, li indicano come le principali vittime, a livello psicofisico, di questa pandemia.

    Illustrissimo Signor Presidente, sappiamo bene come la nostra sopravvivenza da neonati, la nostra protezione da bambini e la nostra sicurezza da adolescenti dipendono in larga misura dalla qualità dell’ambiente, in primis quello naturale, e poi quello familiare e sociale in cui cresciamo.

    Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un documento storico dove si citava il Decreto Regio n.1168 del 30 Aprile 1851 relativo all’istituzione della medaglia al valore civile. Sono andato così a leggere le motivazioni riconosciute come degne di tale riconoscimento e tra queste cito le seguenti:

    per impedire o diminuire il danno di un grave disastro pubblico o privato

    per mantenere forza alla legge

    per il progresso della scienza o in genere per il bene dell’umanità

    per tenere alti il nome ed il prestigio della Patria

    Illustrissimo Signor Presidente, in virtù di quanto ricordato precedentemente e delle sopra citate motivazioni, con la presente sono umilmente a chiederLe di valutare la possibilità di conferire ai bambini italiani delle scuole primarie la medaglia al valore civile.

    Onorificenza che indubbiamente meriterebbero anche molte persone e categorie professionali che si sono particolarmente distinte per il loro impegno civile e sociale in questi mesi. Infatti quello che Le sto umilmente chiedendo è, indubbiamente, un gesto meramente e fortemente simbolico in virtù di quel particolare e diretto rapporto che il Presidente della Repubblica ha da sempre avuto con tutti i bambini di questo Paese. Esperienza, sul piano antropologico e sociologico, forse unica nel panorama europeo.

    Il sottoscritto fa parte di quella generazione di bambini che è cresciuta con i racconti di casa, le lezioni di una sola maestra e le accalorate comparizioni del Presidente Pertini.  Ancora oggi, con i miei coetanei, ricordiamo con commozione e amor patrio le sue dichiarazioni in occasione del terremoto dell’Irpinia, della tristissima vicenda di Alfredino Rampi e dei più festosi Campionati di Calcio dell’82. E Le scrivo questo non di certo per fare paragoni (tutt’altro. Ognuno ha il suo carattere e la stima nei suoi confronti è massima) ma solo a riprova di quanto nel piccolo mondo di un bambino, il Presidente della Repubblica, la carica più importante dello Stato, possa incidere sul suo senso di appartenenza alla nostra comunità.

    Illustrissimo Signor Presidente, sono altresì consapevole degli importantissimi impegni a cui dovrà far fronte fin da subito in questo suo nuovo mandato e l’onorificenza richiesta non potrà di certo modificare le oggettive condizioni di difficoltà causate ai più piccoli da questa pandemia.

    Sarebbe solo, come detto, un forte gesto simbolico.

    Quanto importante sarebbe per i nostri figli crescere in un paese dove il loro Presidente, “il nonno di tutti”, abbia pensato anche a loro? Riconoscendone il sacrificio per diminuire il danno di un grave disastro pubblico, per mantenere forza alla legge, per il progresso della scienza, per il bene dell’umanità e per tenere alti il nome ed il prestigio della Patria?

    Illustrissimo signor Presidente, La ringrazio sentitamente per la gentile attenzione.

    Con gratitudine e stima,

    un papà italiano

  • E dopo omicron?

    Dai miei ricordi di studi classici le lettere dell’alfabeto greco sono tante, ben 24, e con omicron siamo alla numero 15. Questo ci deve indurre a pensare che oramai in due anni di esordio nel genere umano ha fatto tanta strada e che speriamo si esaurisca con la omega… ma così non sarà. Questo è dovuto al fatto che quando un virus entra nel circuito umano ci resta per molto, molto tempo, ma dobbiamo considerare che dal punto di vista evolutivo il virus subisce sempre continue e progressive trasformazioni e mutazioni: questo riflette la capacità del virus di sopravvivere in un ospite che presenta un importante sistema immunitario che lo combatte. Il Coronavirus ha però una variabilità genetica che è dalle dieci alle cento volte inferiore a quella del virus dell’HIV.

    Ricordiamoci che lo “scopo” di un virus non è quello di essere letale o sempre più letale per il l suo ospite, ma l’essere più contagioso, ed è per questo che subisce mutazioni. Guardate bene che la cosa non è di poco conto! E i virus non sono per fortuna dotati di intelligenza: sono microorganismi acellulari che proprio per questo motivo non possono riprodursi da soli ma necessitano dell’invasione in cellule viventi per replicarsi e così evolvono con noi anche a fronte di pressioni esterne quali i vaccini. Anzi, maggiori pressioni esterne ha, maggiore è la velocità di possibili mutazioni (come è successo) che possono andare verso due direzioni: 1) lo spillone, cioè salto in una altra specie (molto poco probabile ahimè); 2) oppure si adatta, trasformandosi in un virus endemico potenzialmente meno patogeno. Cosa che sembra accadere con la variante omicron. Proprio qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato un interessante articolo che riportava come il Sud Africa, paese in cui è nata e partita la variante omicron, abbia messo fine al tracciamento dei contatti e alle quarantene, anche ai contagiati (purché non sintomatici), a fronte di un enorme numero di contagiati ma con ricoveri ospedalieri fermi a poco più del 5%.. Persino gli Usa hanno tolto il blocco aereo dal Sud Africa. Eppure il più illustre virologo mondiale, Dott. Fauci, non crediamo sia uno sprovveduto principiante. Una qualche ragione ci sarà.

    Probabilmente si può sperare che la difesa selettiva adottata dai vaccini e dall’uso delle mascherine stia forzando il virus a continue varianti che però (speriamo) non sempre conducono a una maggiore patogenicità, ma a una maggior contagiosità.

    Per questo sarà importante nel prossimo futuro:

    individuazione precoce delle varianti e la condivisione mondiale immediata fra i vari scienziati;

    protezione dei vaccini che evitano la insorgenza grave della malattia (ma che non limitano né la contagiosità né tanto meno sono e saranno in grado di dare immunità di gregge, nonostante grandi proclami in merito l’anno scorso);

    mantenere alta la guardia nelle persone immunocompresse in cui il virus può essere ospitato meglio e in cui può produrre le sue mutazioni;

    coordinare la comunicazione: in Italia, come raramente in altri paesi evoluti, abbiamo assistito a un proliferare di comparsata in varie tv e in riviste non scientifiche di medici (a volte neppure medici, ma veterinari, statistici, epidemiologi ecc) che con vario titolo hanno diffuso notizie drammatiche, terroristiche, con previsioni catastrofiche, con scenari apocalittici e autovalidando teorie di evoluzione della pandemia mai verificatesi e che hanno letteralmente terrorizzato ampie fasce della popolazione creando ansia, sconforto, depressione, paura. E’ ora di dire basta!!!!. Un  governo forte mette in campo (come hanno fatto gli Usa con Fauci) una sola persona autorevole, medico internazionalmente riconosciuto per il suo alto  profilo professionale, accademico e di esperienza sul campo, che comunica sui media e riferisce alla popolazione le cose come stanno (magari anche in concerto preventivo con un gruppo di esperti).

    In conclusione, quindi, dopo omicron? Mandiamo in onda al posto dei  talk show in cui son  presenti questi tele catastrofisti una bella serie di film di Lino Banfi. Ritroveremmo qualche sorriso  in più che questa situazione ci ha rubato.

  • Il sovranismo europeo

    Non passa giorno ornai in cui non si manifestino evidenti e costanti frizioni facenti seguito a dichiarazioni avventate, e molto spesso estemporanee, attribuibili alla presidente della Commissione europea Von der Leyen che spaziano dal monito all’utilizzo di figure retoriche  natalizie oppure all’imposizione del  blocco delle produzioni dei motori a combustione interna dal 2035 fino all’ultima relativa ad una ipotetica necessità di adeguare le superfici vetrate dell’immobile per consentirne la vendita e precipitosamente ritirata come quella sul Natale.

    Questa tipologia di comunicazione viene percepita quantomeno inopportuna da molte delle realtà economiche della stessa Unione Europea poiché determina delle reazioni fortemente negative specialmente se vengono interpretate, per altro giustamente, come espressione di una incolmabile lontananza tra le visioni della Commissione stessa e la difficile realtà economica e sociale successiva a due anni di pandemia ed avviandoci verso un terzo anno dominato dall’unica costante: l’incertezza economica.

    Contemporaneamente la sintesi infelice dell’azione della Commissione e dello stesso Parlamento di fatto alimentano i sentimenti sovranisti ed isolazionisti ai quali non sembra vero di trovare una controparte cosi autolesionista il cui operato fornisce argomenti sempre più interessanti e di grande appeal agli antieuropeisti.

    Tuttavia, indipendentemente dalle posizioni politiche relative all’Istituzione europea, emerge cristallina, ancora una volta, come l’Unione Europea con il proprio operato risulti lontana ed insensibile alle reali esigenze attuali dei popoli europei. In più la stessa si dimostri espressione di un atteggiamento di per sé poco piacevole se all’interno di un normale periodo ma che diventa insopportabile e detestabile dopo due anni di pandemia.

    Questa distanza enorme ed incolmabile non era stata assolutamente prevista dai padri fondatori dell’Unione il cui spirito, forse in un modo un po’ troppo ottimistico, si augurava di arrivare ad un unico popolo, unica difesa ed unico esercito (?), quando invece emerge evidente da oltre 20 anni come la distanza tra i popoli delle varie nazioni europee che compongono l’Unione risulti sempre più marcata e rappresenti  motivo costante di frizioni tra gli Stati e non solo in rapporto alle reciproche dislocazioni geografiche nel continente europeo.

    In questo contesto si inserisce perfettamente, ad esempio, la scelta del governo Draghi, il cui europeismo non può certo essere oggetto di discussione, di rendere obbligatorio il tampone per i turisti provenienti dalla Ue suscitando le ire della stessa Commissione.

    Sostanzialmente nella attuale situazione pandemica e con le conseguenti tensioni stiamo assistendo ad un “fallimento politico o meglio gestionale” della istituzione europea motivato da una reale incapacità delle autorità europee e dei funzionari di modulare ed adeguare le proprie azioni e decisioni al momento storico eccezionale e dimostrandosi incapaci, o forse poco interessati, di avere attenzione per le aspettative dei popoli che compongono la stessa Unione. La presunzione di una superiorità intellettuale ed ideologica non può certo rappresentare la precondizione di alcun rapporto politico paritario.

    La stessa erogazione di fondi straordinari (circa 254 miliardi) non possono certamente mitigare questo senso di avversione se il solo adeguamento alle direttiva europee in materia di vendita di immobile (successivamente ritirata con un comportamento istituzionale inaccettabile ed assolutamente irresponsabile) sarebbe costata come una semplice spesa di adeguamento di 130 miliardi: oltre i 50% dei fondi PNRR.

    In altre parole con l’obiettivo di evitare di fornire nuova linfa ai movimenti sovranisti ed isolazionisti sarebbe fondamentale in questo momento “depotenziare” l’azione politica della stessa Unione e riportarla ad una federazione economica tra Paesi legati da convenienze economiche e fiscali i quali utilizzano l’Euro come moneta stabilizzatrice. Invece a questa ormai conclamata fase di stallo istituzionale si cerca di rispondere rincorrendo a visioni politiche prive dei minimi presupposti di disponibilità dei singoli paesi. Nessuno, ma proprio nessuno, infatti potrebbe credere che in funzione di un esercito europeo la Francia potrebbe cedere o condividere il proprio arsenale atomico.

    Paradossale, poi, rilevare come la stessa Unione adotti politiche di “quartiere”, finalizzate cioè all’applicazione di principi esclusivamente all’interno del proprio mercato, dimostrandosi ancora una volta incapace di comprendere come la sfida economica e dello sviluppo ormai si giochi con la contrapposizione tra le tre macroaree come quella cinese, statunitense ed europea.

    In questo contesto  rappresenta un errore a dir poco colossale avere espresso un parere negativo alla fusione dei colossi francese e tedesco la cui nuova taglia avrebbe permesso alla stessa economia europea di affrontare la concorrenza degli altri  colossi mondiali del settore ferroviario (11.02.2019  https://www.ilpattosociale.it/2019/02/11/lunione-europea-espressione-del-ritardo-culturale/).

    All’interno di un mercato globale l’Unione ha adottato le medesime politiche dei sovranisti a livello nazionale dimostrando entrambi come le proprie politiche e strategie paghino un ritardo culturale nella comprensione delle dinamiche del mercato globale. Un errore di dimensioni epocali ripetuto con la medesima scelleratezza e leggerezza con l’adozione unilaterale delle politiche di transizione ambientale, veri e propri fattori anticompetitivi, ed espressione di vere e proprie visioni parziali e ideologiche se non adottate dall’intero mercato globale dai principali concorrenti.

    In fondo la differenza tra sovranisti nazionali ed europei emerge minima e relativa solo al perimetro di competenza mentre le capacità si manifestano assolutamente simili per entrambi gli schieramenti: minimali ed assolutamente inadeguate all’interno di un mercato globale.

  • Il Covid ha portato al più grande calo dell’aspettativa di vita dal ’45

    Non solo in Italia, anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, l’effetto Covid è stato dirompente come una guerra e ha tagliato l’aspettativa di vita delle persone. La pandemia, infatti, certifica l’Università di Oxford, ha ridotto la speranza di vita alla nascita in una misura che non si vedeva dalla seconda guerra mondiale in Europa occidentale e “in modo tale da spazzare via anni di progressi sulla mortalità”.

    I ricercatori del Centro di Leverhulme per la scienza demografica hanno assemblato un set di dati relativo a 29 paesi per i quali erano state pubblicate i dati ufficiali dei decessi per il 2020 e che abbracciano la maggior parte dell’Europa, oltre a Stati Uniti e Cile. I dati, pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Epidemiology, hanno dimostrato che 27 dei 29 Paesi hanno visto riduzioni dell’aspettativa di vita nell’annus horribils della pandemia. Nel 2020 le donne in 15 Paesi e gli uomini in 10 paesi, avevano un’aspettativa di vita alla nascita inferiore anche rispetto al 2015, anno che era già stato penalizzato da una stagione influenzale molto severa. “Per i Paesi come Spagna, Inghilterra e Galles, Italia, Belgio, l’ultima volta che sono stati osservati cali così grandi dell’aspettativa di vita alla nascita in un solo anno è stato durante la seconda guerra mondiale”, ha detto il co-autore dello studio, José Manuel Aburto. La diminuzione maggiore è stata osservata tra gli uomini negli Stati Uniti, con 2,2 anni rispetto ai livelli del 2019, seguiti dagli uomini in Lituania (1,7 anni). A confermare, per l’Italia, una riduzione di 1,2 anni di vita nel 2020 a causa della pandemia, è stata pochi giorni fa anche l’Istat: fino al 2019 questo indicatore era stato sempre in crescita e ora si attesta a 82 anni.

    I dati ufficiali parlano di circa 4,7 milioni di persone nel mondo fino ad oggi decedute per Covid ma, sottolinea il coautore principale dello studio Ridhi Kashyap, “ci sono diversi problemi legati al conteggio dei decessi e il fatto che i nostri risultati evidenzino un impatto così grande attribuibile alla pandemia, mostra come questa sia stata uno shock devastante per molti Paesi”. I ricercatori chiedono quindi “con urgenza” la pubblicazione “di più dati disaggregati, anche da Paesi a basso e medio reddito, per comprendere meglio gli impatti della pandemia a livello globale”.

    Intanto, l’obiettivo è far restare bassi i contagi nonostante la ripresa delle attività e delle scuole. Per farlo, gli studi continuano a confermare la necessità di far indossare la mascherina a scuola anche ai più piccoli. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) statunitensi hanno esaminato i dati delle contee degli Stati Uniti, scoprendo che, in media, i casi pediatrici sono aumentati dopo la riapertura delle scuole. Ma le contee senza requisiti di mascherina hanno visto gli aumenti maggiori: circa 18 casi ogni 100.000 in più. Inoltre, nelle contee in cui non c’è obbligo, le scuole avevano circa tre volte più probabilità di avere un focolaio rispetto alle altre.

  • L’esempio austriaco: il ministro della Salute lascia per garantire più efficienza contro la pandemia

    “Gli ultimi 15 mesi pesano come 15 anni”. Dopo due collassi subiti nelle scorse settimane, il ministro della Salute austriaco Rudolf Anschober ha gettato la spugna e si è dimesso. E’ finita così la breve parabola del ‘ministro Covid’. Un anno fa, durante la prima ondata, l’esponente dei Verdi era il membro del governo Kurz con il più alto tasso di fiducia. Mentre in molti lo vedevano già alla Hofburg come successore del presidente Alexander Van der Bellen, il perdurare della pandemia ha logorato Anschober nel profondo, non solo a livello politico ma anche fisico.

    I problemi di salute sono stati a lungo un tabù per i politici, non solo in Austria. Il mitico cancelliere socialdemocratico Bruno Kreisky si sottoponeva di nascosto a cicli di dialisi e nel 2005 l’allora presidente Thomas Klestil morì a 2 giorni dalle fine del suo mandato dopo 2 infarti e un’embolia polmonare. Anschober, invece, ha cambiato approccio e questa mattina ha alzato bandiera bianca: “Nella peggiore crisi sanitaria degli ultimi decenni l’Austria necessita di un ministro della Salute in forma al 100%. La pandemia non prende pause e neanche il ministro della Salute può farlo”, ha detto il sessantenne. “Non voglio autodistruggermi, aziono il freno d’emergenza”, ha aggiunto.

    Per il verde non è la prima volta. Nel 2012 ebbe un burnout e ne parlò pubblicamente. “E’ come se ti staccassero la spina”, ha ricordato. “Nella politica l’assenza per malattia è immaginabile solo per un breve periodo. Per questo gli si deve rispetto”, ha commentato parlando con l’Ansa il politologo Peter Filzmaier.

    Un anno fa l’ex maestro elementare Anschober volava nei sondaggi. Piaceva il suo modo di spiegare concetti complessi con parole semplici e pacate. Sono però seguite delle battute d’arresto e il ‘ministro Covid’ ha perso smalto, come evidenzia Filzmaier: “Ordinanze contraddittorie oppure in contrasto con la legislazione e obiettivi temporali che poi non reggevano”. E’ ormai entrata nel repertorio dei cabarettisti stile Crozza il suo tormentone: “Le prossime settimane saranno decisive”. Il politologo ricorda anche il tira e molla sulle riaperture: “Dal secondo posto nei sondaggi alle spalle di Van der Bellen la scorsa estate, Anschober nei mesi scorsi è crollato in 13esima posizione”.

    Il ministro ha annunciato anche il ritiro dai social media. “Quello che mi sostiene – confessava nei mesi scorsi agli amici – è la speranza di poter presto tornare in Italia”. Qui, pandemia permettendo, Anschober potrà realizzare il suo sogno nel cassetto, ovvero quello di scrivere un romanzo politico. Nel frattempo, lunedì prossimo giurerà il suo successore, il tecnico Wolfgang Muckstein, un medico con una lunga esperienza amministrativa.

  • Number of coronavirus-infected workers grows at Kazakhstan’s Tengiz field

    NUR-SULTAN, Kazakhstan – There are 935 cases of coronavirus among the employees of 42 contractors at Kazakhstan’s giant Tengiz oil field in western Kazakhstan, the operational headquarters in Atyrau region said in a statement on May 20, adding that COVID-19 was detected in 22 camps out of 92.

    A disinfection was carried out in all centres while 1,725 ​​field workers are monitored in quarantine hospitals, the statement read. A special working group should determine measures to stabilise the situation with coronavirus at the Tengiz field, the statement added.

    Сhief sanitary doctor of Kazakhstan Aizhan Esmagambetova noted on May 20 that, due the increase of COVID – 19 cases at Tengiz, a government commission was sent to Atyrau region.

    Tengiz is the largest oil and gas field in western Kazakhstan, which is being developed by the Kazakh-American joint company TengizChevroil. The annual volume of oil production is 25-26 million tonnes.

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