L’università di Vienna insidia la produzione di mele in Alto Adige
L’Aldo Adige/Sud Tirol è il più grande produttore di mele d’Europa, dalla Val Venosta, nella parte occidentale della provincia di Bolzano, arriva il 10% delle mele in vendita sui banchi di mercati e supermercati. Il settore, che impiega circa 7mila agricoltori, è però insidiato da uno studio dell’università Boku di Vienna in collaborazione con i colleghi dell’ateneo tedesco Rptu di Kaiserslautern.
Analizzando l’impiego di pesticidi, i ricercatori dei due atenei hanno rilevato diverse sostanze nei campioni di terreno e vegetazione, anche in zone, come l’Alta Val Venosta, dove le caratteristiche orografiche o l’altitudine fanno sì che non vi sia nessuna o quasi nessuna coltivazione.
Dall’analisi dei campioni, prelevati all’inizio del mese di maggio, è emersa la presenza in particolare di 27 pesticidi diversi: 10 insetticidi, 11 fungicidi e 6 erbicidi. Una concentrazione di sostanze nocive eccessiva o comunque preoccupante che avrebbe colpito anzitutto gli agenti insetti impollinatori, come api e farfalle, la cui presenza si sarebbe diradata laddove maggiore è la presenza rinvenuta di pesticidi. Proprio per questo, i ricercatori hanno suggerito di “promuovere pratiche di gestione che incoraggino le benefiche interazioni insetti-parassiti” come ad esempio prati ricchi di fiori da distribuire sul territorio che circonda i meleti per creare habitat capaci di attrarre gli insetti antagonisti dei parassiti delle mele. Altra misura consigliata sono e monitoraggi sistematici nei diversi luoghi della valle per stimare l’impatto dei pesticidi durante i diversi mesi dell’anno.
La questione dell’abuso di pesticidi nel territorio della Val Venosta è peraltro oggetto di discussione e accesi dibattiti da tempo, anche fra la popolazione locale. Nel 2014, oltre il 75% degli abitanti di Malles, uno dei Comuni più coinvolti dalla melicoltura intensiva, si erano espressi a favore di un referendum locale che chiedeva di vietare l’uso di fertilizzanti e pesticidi nel territorio comunale. La vicenda scatenò subito un contenzioso legale, attraverso il quale centinaia di agricoltori chiesero l’annullamento dell’ordinanza del Comune successiva al referendum. Sia il Tar di Bolzano che il Consiglio di Stato hanno dato ragione agli agricoltori.