cuochi

  • Toghe&Teglie: cotolette “alla marescialla”

    Buona settimana a tutti i lettori, sono Saverio La Grua, il “Senatore” del Gruppo Toghe & Teglie, così soprannominato un po’ per questioni anagrafiche e un po’ per i miei trascorsi da Parlamentare. Stiamo entrando nel periodo quaresimale ma non per questo deve farsi penitenza tutti i giorni: ecco allora un piatto saporito, una cotoletta farcita non di mia creazione, il cui nome sembra evocativo di qualche pellicola anni ’60 con Sofia Loren ma – in realtà – non è così e non so spiegarvi l’origine del nome…che, in fondo, conta poco! Badiamo, piuttosto alla realizzazione.

    Per preparare due cotolette alla marescialla prendete quattro fette di lacerto o di lonza un po‘ sottili, tre patate di formato medio, due uova, prezzemolo, quattro fette di provola – anche affumicata va bene, se piace il gusto più deciso – e quattro di prosciutto cotto, burro, sale e parmigiano grattugiato q.b.; per un numero maggiore di commensali basta raddoppiare le dosi.

    Bollite le patate e appena cotte schiacciatele in una ciotola nella quale avrete già messo dei pezzetti di burro. Aggiungete abbondante prezzemolo tritato, parmigiano, sale e, se volete, una macinata fresca di pepe nero.

    Ora mescolate alacremente fino a quando si sarà sciolto il burro e formate un purè: è vietato usare quello in busta anche perché il composto deve restare di una certa consistenza e non essere una sorta di budino.

    Stendete una fettina della carne, battetela un po’ e dopo averla salata ricopritela con il purè di patate lasciando liberi i margini e stendetevi sopra le fette del prosciutto e della provola per poi ricoprire con l’altra fetta di carne facendo in modo di farne combaciare i bordi, sigillandoli con le dita.

    Infarinate leggermente la cotoletta, passatela nell’uovo che avrete prima sbattuto e salato e quindi nel pangrattato che deve ricoprirne anche i lati.

    Friggetele cotolette in olio di semi di girasole, girandola piu’ volte fino ad ottenere una perfetta doratura e servite ben calde.

    Voi dite che assomiglia ad una valdostana? Macchè! Intanto nella valdostana non c’è il purè, il formaggio è – ovviamente – la fontina e poi…quanti sofisimi! Chiamatela come vi pare purchè sia realizzata a regola d’arte e soddisfi il palato.

    A presto.

  • Toghe&Teglie: il risotto ai mirtilli

    Buona settimana ai lettori gourmet de Il Patto Sociale: già mi avete conosciuto, sono Francesco Toschi Vespasiani, avvocato fiorentino del Gruppo Toghe & Teglie, e questa settimana cercherò di ingolosirvi con questa ricetta di un risotto che è da mangiarsi con gli occhi prima ancora che assaporandolo!

    Procuratevi de riso Carnaroli in dose adeguata per i commensali (a regola: due pugni per ciascuno più “uno per la pentola) dei mirtilli (io ne ho messi abbondanti, circa 250 grammi per tre persone), della fontina od altro formaggio morbido – ottimo anche qualche formaggio trentino alle erbe – dello speck, indicativamente tre/quattro fette a testa ma la quantità varia secondo i gusti badando a non eccedere per non mascherare il sapore del mirtillo.

    Preparate a parte del brodo vegetale con carota, sedano, prezzemolo e cipolla lasciandolo in ebollizione per la cottura del riso evitando che la rallenti o arresti se a temperatura inadeguata. Preparare i mirtilli schiacciandoli un poco da crudi e lasciarne alcuni interi per finale guarnizione.

    Fate soffriggere una cipolla oppure dello scalogno e poi tostate il riso per almeno tre minuti. Ora portatelo a cottura aggiungendo man mano il brodo vegetale, via via che si asciuga in modo da non fare attaccare il riso; aggiungete dopo 6/7 minuti i mirtilli in modo che cuociano assieme al riso e si disfino dando al tutto il colore viola e il loro sapore.

    Nel frattempo, in un padellino antiaderente e con un filo d’olio sul fondo, scaldate le fette di speck che avrete preventivamente ridotte a listelline per il senso della lunghezza e fatele arrostire fino a quando il grasso non si sarà sciolto e le listelline diventate delle chips croccanti.

    A questo punto aggiungete, se gradita, una piccola noce di burro ed alla fine, a riso quasi cotto aggiungete il formaggio prescelto per farlo sciogliere.

    Servite il riso nei piatti guarnendoli con mirtilli a crudo e le chips di speck, oltre a petali di fiori di montagna edibili essiccati per guarnizione.

    Buon appetito, a presto su questa pagina!

  • Toghe&Teglie: brocioloni alcamesi

    Cari lettori, sono Marco Siragusa, avvocato della sezione trapanese di Toghe & Teglie, il fortunato prescelto nel Gruppo per proporvi un piatto realizzato secondo la ricetta – tipica alcamese – che mia madre, dai suoi 74 anni, non voleva saperne di condividere neppure con me conservandola gelosamente: i brocioloni che allietano la tavola per il pranzo della domenica.

    Ingredienti: due fette di fesa di vitello da 300/400 grammi, mortadella, caciocavallo, uva passa, mollica (in Sicilia non ce la facciamo mancare mai), uova, pinoli, cipolla, marsala e qualcos’altro che vedremo strada facendo con dosaggi sempre “a sentimento”.

    Pensando al numero dei commensali, va da sé che due brocioloni, realizzati con altrettante fette di carne di quel peso e con il ripieno che scoprirete, possono sfamare più di un paio di persone…non ho detto questo ma tenete conto che dalle nostre parti tendiamo, generalmente, ad essere generosi nelle porzioni.

    Andiamo, allora, a realizzare questa delizia: tagliate la carne in due parti uguali e battetela in modo da ottenere fette larghe e dalla forma rettangolare, facendo attenzione che non si strappi. Ora preparate tre uova sode e dopo che si saranno raffreddate dividetele a dischetti.

    Salate la carne e adagiatevi sopra due fette di mortadella, l’uovo sodo affettato, il caciocavallo a cubetti dopo averlo sezionato a bastoncini ed un po’ di scalogno.

    Prima di chiudere ogni brociolone aggiungete la mollica (preparata come suggerito in seguito) e sigillate con del filo da cucina in modo che il ripieno non fuoriesca

    Ecco, parliamo della mollica e di come dovrà essere preparata, a parte ed in precedenza: grattate mezza cipolla e mettetela a rosolare in qualche cucchiaio d’olio buono in una capiente padella. Appena si sarà dorata aggiungete la mollica sbriciolata, l’uvetta e i pinoli e continuare a mescolare con un cucchiaio di legno su fuoco moderato fino ad ottenere un composto omogeneo, togliere dal fuoco e lasciate raffreddare prima di unirla al resto della imbottitura.

    Con i brocioloni pronti, fate imbiondire dell’altra cipolla con olio evo in un tegame ampio, adagiatevi la carne sfumando col marsala ed aggiungete salsa di pomodoro (la migliore è quella preparata in casa e conservata nelle bottiglie di vetro…) e 3/4 cucchiai di estratto di pomodoro con un po’ d’acqua, un pizzico di sale e fate cuocere a fuoco lento per un paio d’ore aggiungendo a metà cottura delle patate sbucciate e tagliate a spicchi, diluendo – se necessario – con integrazione di salsa e (poca) acqua: il sugo deve rimanere abbastanza denso.

    Come avrete notato serve un po’ di pazienza per la preparazione, uno dei motivi per cui è un “piatto della domenica” quando c’è più tempo da dedicarvi e non solo per la bontà.

    Saluti a tutti, a presto!

  • Toghe&Teglie: supplì al telefono

    Mi presento subito ai lettori: sono Pamela Battaglia, new entry romana del Gruppo Toghe & Teglie che, dopo solo una settimana, mi ritrovo a rappresentare in questa rubrica con la mia ricetta dei supplì che, va immediatamente chiarito, non sono la stessa cosa degli arancini (o arancine, a seconda della “costa” siciliana di produzione) sebbene vi rassomiglino; la differenza principale è nella farcitura che nella versione classica degli arancini prevede il ragù di carne, piselli e mozzarella mentre il tradizionale supplì romano viene condito con semplice salsa di pomodoro e mozzarella filante per ottenere l’ ”effetto telefono”.

    Il nome, infatti deriva dal fatto che per mangiarlo caldo (il che è obbligatorio), il supplì va aperto in due e la mozzarella fusa crea un filo tra le due parti facendolo sembrare la cornetta di un telefono…quelli di una volta!

    Procediamo adesso con la preparazione che prevede un classico risotto: soffritto con poca cipolla e un filo d’olio, aggiungete il riso e fatelo tostare, sfumate con vino bianco e quando è evaporato aggiungete insieme il brodo e della ottima passata di pomodoro e del basilico.

    Proseguite così fino a cottura, ultimata la quale aggiungete del parmigiano grattugiato non troppo stagionato (ma la scelta sulla stagionatura va, comunque, a gusto personale anche se si dovrebbe evitare di coprire la delicatezza di sapore della mozzarella).

    Spegnete il fuoco, versate il risotto in una teglia bassa, spandendolo per farlo raffreddare; quando sarà ben freddo, inumidite le mani, prendete il risotto, dividetelo porzionando “a misura” per realizzare i singoli supplì e aggiungete in centro la mozzarella (ben scolata, preferibilmente fior di latte) e procedete ad impastarli dando la tipica forma allungata. Passate ora prima nella farina, poi nel rosso d’uovo, infine nel pangrattato e friggete in olio bollente.

    Posate su un piatto con carta da cucina assorbente per asciugare l’eccesso di unto e lasciate che i vostri commensali si avventino su queste delizie mentre sono ancora ben calde raccomandando solo di evitare le ustioni.

    Un po’ come fanno i milanesi con il riso al salto, qualsiasi risotto che avanza, in realtà, si può trasformare in supplì, ed è – quindi – un’ottima soluzione per dare nuova vita alle vostre pietanze.

    Grazie per l’attenzione, al Patto Sociale per l’ospitalità, ai miei nuovi amici di T&T per l’apprezzamento e…alla prossima!

  • Toghe&Teglie: gnocchi di zucca e ricotta con crema di Parmigiano

    Cari lettori de Il Patto Sociale, siete pronti per il regime detox post natalizio? Spero di no per voi perché questa ricetta non aiuterebbe…Sono Pietro Adami, veronese, uno dei fondatori del Gruppo Toghe & Teglie, ed ecco cosa vi propongo per continuare a far festa in quattro persone.

    In tutto vi serviranno 250 grammi di ricotta, 200 grammi di zucca al forno, 100-150 grammi di parmigiano grattugiato, una manciata di farina, della salsiccia non troppo piccante, un po’ di panna e condimento classico.

    Cominciamo dalla preparazione degli gnocchi: mettete da parte della farina tipo 0 q.b. che servirà in seguito (regolatevi sulla quantità, successivamente, impastandola con la zucca ed aggiungendone fino a raggiungere consistenza adeguata del panetto creato: non deve attaccarsi l’impasto alle mani); ora pulite la zucca – quella mantovana, possibilmente – affettatela e mettetela in un sacchetto da freezer, aggiungete 2-3 cucchiai di olio, sale, pepe ed un cucchiaio di zucchero di canna. Chiudete il sacchetto ed agitatelo mescolando ed ungendo così in modo omogeneo tutti i pezzi di zucca.

    Svuotate il sacchetto direttamente su una piastra e infornate a 180 gradi per circa 10-15 minuti (fino a quando riuscite a tagliare in due la polpa senza sforzo, con la forchetta). Fate raffreddare ed eliminate le bucce.

    A questo punto stendete la zucca sul piano di lavoro e aggiungete la ricotta, un po’ formaggio grana, salando anche a proprio gusto, e poi aggiungete la farina un po’ alla volta seguendo le indicazioni date all’inizio per l’impasto.

    Lasciate riposare il composto per 15-20 minuti fuori dal frigo, avvolto nel domopak, e nel frattempo spellate e sbriciolate la salsiccia in un tegame facendola soffriggere a fuoco lento nel suo grasso aggiungendo, se gradita, una fogliolina di salvia; al termine della cottura eliminate l’eccesso di grasso liquefatto.

    Ora, a fuoco spento, aggiungete poi un po’ di panna da cucina ed il parmigiano grattugiato mescolando bene (questa è la versione per ottenere una crema al parmigiano: volendo al suo posto si può mettere del gorgonzola dolce).

    Mettete a bollire dell’acqua, salatela, e nel contempo ricavate dei pezzi dal panetto di impasto, rollateli su una spianatoia fino a farne salsicciotti del diametro di un dito.

    Tagliate a coltello realizzando così gli gnocchi e buttateli nell’acqua bollente e riaccendete il fuoco – tenendolo basso – sotto al condimento.

    Dopo 2 minuti da quando gli gnocchi emergono, scolateli con l’apposita schiumarola, impiattate, condite con la crema di formaggio e salsiccia e …addio dieta.

    Noi ci ritroveremo qui quanto prima.

  • Toghe&Teglie: risotto con le carote

    Auguri di buon anno a tutti! Siamo ancora in tempo vero? Io sono Roberto Lo Buglio, avvocato pavese del Gruppo Toghe & Teglie, artigiano della cucina che non può mettersi in competizione con alcuni dei miei amici e colleghi le cui delizie vi vengono proposte ogni settimana…però anch’io devo nutrirmi e quando tutto manca –  soprattutto mia moglie Tiziana, avvocato anche lei, ma anche adeguati rifornimenti in cambusa –  so come arrangiarmi. La proposta di questa settimana è proprio frutto di un’emergenza alimentare affrontata con creativa dignità a dimostrazione che impegno e fantasia ai fornelli possono offrire risultati più che accettabili.

    Immaginate, quindi, di tornare a casa: un frigorifero che, aperto, riflette l’eco della manifestazione di stupore per il suo sconsolante vuoto con l’eccezione di qualche verdura dall’aspetto tutt’altro che invitante tra cui delle carote che, per quanto non siano tra i più appetitosi prodotti della terra, sembrano in un migliore stato di conservazione e c’è anche della cipolla decisamente fresca, del burro ed un cartoccio che racchiude una caciotta (non ammuffita) di Capretto Sardo. In dispensa, in una casa pavese non può mancare, si rinviene del riso di ottima qualità…e allora, via con un risotto improvvisato che, come si vede dalla foto, si presenta anche benino ed è risultato saporito.

    Si parte con il classico soffritto di cipolla olio e burro al quale si aggiunge – per l’occasione – un trito di cubetti di carote: la maggior parte dovrà essere, invece, cotta al forno a 180 gradi e poi tagliata a tocchetti per l’inserimento nel risotto come vedremo in seguito.

    Proseguite secondo il metodo tradizionale, aggiungendo il riso per farlo tostare un paio di minuti e poi sfumate con un bicchiere di vino bianco da far evaporare prima di aggiungere gradualmente, con un mestolo, brodo di verdura procedendo nella cottura. Sebbene la ricetta tradizionale preveda il brodo, nella mia desolante condizione non avevo né il brodo né gli ingredienti per farlo e ho proceduto usando semplice acqua bollente salata per non arrestare la cottura: posso garantire che il risultato non delude e pare che sia una variante ammessa dai cultori della cucina contemporanea.

    A due terzi di cottura inserite le carote passate al forno tagliate a tocchetti come il Caprino Sardo che le seguirà a ruota facendo amalgamare bene gli ingredienti.

    A cottura ultimata ed a fuoco spento si può aggiungere un goccio di latte, mescolando bene, per dare maggiore cremosità: lo dico perché avevo anche quello ed ho pensato di usarlo prima che inacidisse e il risultato è stato anche in questo caso apprezzabile. Aggiunta di parmigiano? Non saprei, quello proprio non lo avevo…se volete potete provare.

    Buona fortuna ai fornelli!

  • Toghe&Teglie: gnocchi alla sorrentina

    Ben ritrovati, cari lettori! Sono Emilia De Biase, funzionaria amministrativa della Corte d’Appello di Milano specializzata in piatti tradizionali della mia terra d’origine: la Campania.

    Quella che vi suggerisco questa settimana ricetta facile facile per la quale vale la pena partire dall’inizio (mica vorrete usare gli gnocchi di Giovanni Rana?):

    lessate in acqua salata delle comunissime umilissime patate (calcolare un paio di patate almeno per ciascun commensale) facendo mantenere una consistenza soda (non sfrantummata, come si dice dalle mie parti).

    Lasciatele raffreddare e, solo dopo, sbucciate e schiacciatele con l’apposito attrezzo.

    Ora impastate con farina 00 e un uovo fino a quando il composto non sarà omogeneo, non troppo morbido, ma neppur troppo solidificato.

    Con un coltello staccate dall’impasto dei pezzetti e lavorateli “a salsicciotto” sul piano di lavoro infarinato e ricavatene dei tocchetti che – con un dito – trascinerete uno ad uno sulla farina per creare gli gnocchi, con un apposito incavo (il pollice va benissimo per realizzarlo) in cui in seguito andrà il condimento, lasciando gli gnocchi sul piano infarinato.

    Ancor prima degli gnocchi, però, bisogna aver preparato un bel po’ di sugo: personalmente ne preferisco uno ricco, con lo spezzatino di manzo soffritto e rosolato su tutti i lati con cipolla, in olio evo, aggiunta di una passata di ottima qualità e basilico a spiovere…ma c’è chi invece preferisce un sugo liscio senza carne e col soffritto di aglio e olio. Scegliete voi. Attenzione: questo sugo non deve esser molto tirato e concentrato ma restare abbastanza fluido.

    Torniamo agli gnocchi: lessateli in acqua salata, dopo averli setacciati un po’ per togliere la farina in eccesso. Saranno pronti, ovviamente, quando verranno a galla. Scolateli e se li sentite un po’ molli, docciateli con acqua fredda.

    A questo punto poneteli in una ciotola capiente, versate il sugo sugli gnocchi senza risparmio e mescolate insieme ad abbondante parmigiano, pepe profumato e tanta mozzarella di bufala (non acquosa, per carità: va bene quella rimasta ed “asciugatasi” un po’ dopo un paio di giorni oppure strizzatela dagli eccessi lattiginosi, piuttosto usate mozzarella di latte vaccino, anche se non è la stessa cosa).

    Riempite tanti tegamini di creta quanti sono i commensali, aggiungete qualche foglia di basilico e un’ultima spolverata di parmigiano in superficie.

    Infornate in forno preriscaldato a 220° e sfornate quando vedrete la tipica bella crosticina e sentirete l’aria riempirsi di un profumo…di bontà.

    Servite nello stesso tegamino, ovviamente non bollente, evitando ustioni e gustatevi un bel piatto terrone!

    Saluti e buon anno a tutti!

  • Toghe&Teglie: baccalà alla romana

    Buon 2024 da Attilio Cillario, avvocato lombardo (e distillatore di gin artigianale) del Gruppo Toghe & Teglie: questa volta vi proporrò una ricetta della tradizione romana che ho provato a realizzare senza apportare nessuna variazione e che non abbandonerò più. Saporitissima e tutt’altro che complicata conferma la versatilità di quello che, considerato un pesce povero, in cucina si presta ad una non comune quantità di ghiotte variazioni.

    Per due o tre porzioni procuratevi un filetto di baccalà dissalato e tagliato a cubotti di circa 2 cm, due cipolle, tre o quattro pelati, il doppio di pomodori ciliegini in conserva, una manciata di uvette ed una di pinoli non tostati, una cucchiaiata di prezzemolo e aglio tritati, mezzo bicchiere di vino bianco (con il tradizionale divieto di usare liquidi di oscura origine confezionati in tetrapak).

    Procediamo! Tagliate sottili le cipolle e fatele stufare in una pentola di coccio con una generosa dose di olio evo; aggiungete i pelati schiacciati e i ciliegini interi, fate cuocere per qualche minuto, inserite le uvette che avrete in precedenza ammollate ed il vino bianco. Lasciate andare ancora qualche minuto a fuoco dolce, spegnete la fiamma e tenete il tutto da parte.

    Ora friggete in abbondante olio i cubotti di baccalà dopo averli infarinati e sbattuti per eliminare la farina in eccesso: devono friggere fino a dorarsi facendo una bella crosticina che è un particolare fondamentale.

    A frittura ultimata rimettete sul fuoco il sughetto, magari aggiungendo un po’ d’acqua se troppo ristretto, portate a bollore e immergetevi i cubotti fritti, girandoli delicatamente per farli insaporire e ammorbidire, per due o tre minuti.

    Completate la preparazione controllando la sapidità, inserendo i pinoli, ed infine la spolverata di aglio e prezzemolo. Spegnete il fuoco subito dopo, lasciate insaporire brevemente e sarete pronti per andare a tavola.

    Un caro saluto e buon appetito a tutti.

  • Toghe&Teglie: risotto al Castellaccio

    Buone Feste da Manuel Sarno, avvocato milanese fondatore del Gruppo Toghe & Teglie; in questi giorni tocca a me, con la responsabilità di curatore della rubrica, proporre qualcosa di gustoso mentre i miei colleghi e amici spignattano a più non posso ma, tutti presi da altre deliziose incombenze del periodo, mi hanno lasciato “in riserva” con le ricette, sebbene io stesso sia impegnato nelle analoghe piacevolezze del periodo: l’acconto IRPEF, il saldo IMU, l’IVA, la Cassa Previdenza…

    Eccovi, allora, quella che può essere considerata una variante del risotto allo zafferano (da non confondere con quello alla milanese che prevede la presenza dell’ossobuco e l’impiego del midollo al posto del vino nella cottura del riso) frutto di un paio di scoperte in gastronomia ed enoteca: il Castellaccio, un formaggio ideale per la mantecatura, prodotto con latte di vacca Frisona nel cuore della Franciacorta e lasciato maturare nelle migliori barriques usate per produrre i vini locali dopo essere stato unto esternamente con olio evo e ricoperto di rosmarino.

    La seconda scoperta è stata il Nautilus, un Blanc de Noirs realizzato con vitigni della zona di Cividate Camuno, la cui particolarità risiede nell’affinamento per 60 mesi nelle profondità del lago d’Iseo a temperatura e pressione costanti senza aggiunta di zuccheri.

    Nonostante l’aspetto all’impiattamento, quello proposto non è – dunque – quello che può sembrare dalla foto: un risotto in cui c’è molto di bresciano.

    Passiamo alla preparazione: due pugni a testa di riso Carnaroli di ottima qualità, più uno “per la pentola”, brodo (suggerisco quello vegetale fatto in casa con patata, zucchina, carota) q.b., cipolla bianca o scalogno tagliata molto fine, burro chiarificato per il soffritto iniziale e un bicchiere di Nautilus ogni due/tre porzioni il resto servirà a dissetarvi durante il pranzo. Il Castellaccio dovrà essere pronto all’impiego, prima mondato della crosta di rosmarino e poi tagliato a cubetti per la mantecatura finale.

    Preparate il risotto come di consueto utilizzando preferibilmente una padella larga e bassa in alluminio che garantisce una cottura più uniforme: soffritto, tostatura del riso sfumando con il vino, copertura con il brodo caldo e prosecuzione a fuoco moderato mescolando di quando in quando con un mestolo di legno.

    Giunti a due terzi della cottura, inserite gradualmente una metà del Castellaccio a tocchetti e – se necessario – allungate con un po’ di brodo e vedrete il vostro riso assumere da subito il caratteristico aspetto “ad onda” ed una bustina di zafferano ogni due/tre porzioni (volendo potrete diluirlo precedentemente nel brodo).

    Importante è non impiegare parmigiano nella mantecatura finale perché altererebbe il sapore di questo straordinario ed originale formaggio: a cottura quasi terminata (stimando un minuto circa residuo) aggiungete il resto del Castellaccio, una piccola noce di burro chiarificato e – volendo – una spruzzata di Raspadura che contribuisce alla cremosità senza modificare i sapori. Fate fondere il tutto ed ultimate la mantecatura a fuoco spento lasciando riposare alcuni istanti mentre vi preparate per il servizio per il quale sono ideali piatti piani, battendo con il palmo della mano sul fondo per distribuire uniformemente il risotto.

    Ed ora a tavola, brindando con lo spumante suggerito che sorprenderà il palato ed i commensali contribuendo ad accompagnare perfettamente il vostro risotto.

    Buon tutto a tutti!

  • Toghe&Teglie: torta al cacao con bagna al rhum

    Buone Feste a tutti da Anna Paola Klinger, avvocata lagunare del Gruppo Toghe & Teglie con una certa qual passione per i dolci che anche questa settimana condividerò con voi lettori.

    La mia proposta, devo dirlo subito, è davvero facile da realizzare, piuttosto veloce e calorica quanto basta per affrontare i rigori dell’inverno!

    Procuratevi e montate bene quattro uova con 200 grammi di zucchero semolato e poi aggiungete 200 grammi di farina, 60 grammi di cacao amaro, una bustina di lievito, 120 ml. di latte intero e 100 grammi di burro fuso raffreddato.

    Se piacciono (e a chi non piacciono tra i destinatari di una torta al cacao?) non fate mancare l’inserimento di una generosa manciata di gocce di cioccolato.

    Impastate bene il tutto, inserite in una tortiera ed infornate a 170 gradi per 35 minuti.

    Abbiamo già quasi finito: lasciate raffreddare a temperatura ambiente e quando la torta vi si sarà allineata dividetela con attenzione in senso longitudinale ed inzuppate leggermente entrambe le metà con la bagna al rhum che avrete preparato mentre la torta raffreddava.

    Come si fa? In un pentolino mettete 300 grammi di acqua, unitevi 150 grammi di zucchero e mescolate con la frusta. Ora ponete il pentolino sul fuoco basso e continuate a mescolare fino a completo scioglimento dello zucchero; spegnete ed aggiungete il rhum una parte del quale evaporerà per il calore. Mescolate anche mentre lasciate raffreddare. Questione di una decina di minuti in tutto e la vostra bagna è pronta.

    Dopo l’aggiunta della bagna, arricchite ulteriormente la torta farcendola con una composta di arance amare e richiudete le due metà…ma non dimenticatevi della glassa!

    Per la glassa, scaldate 200 ml. di panna liquida con 15 grammi burro ed un cucchiaino di miele. Quando è calda, spegnere il fuoco e scioglieteci dentro 150 grammi cioccolato fondente 85%: a caldo colate sulla torta e guarnite con scaglie di mandorle e buccia di arancia, magari candita nello zucchero e rhum.

    Buone Feste a tutti!

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