vaccino

  • L’aumento dei casi di morbillo richiede una risposta coordinata della sanità pubblica

    Nel contesto delle epidemie di morbillo in diversi paesi dell’UE, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha pubblicato un compendio sulla valutazione della minaccia (Threat Assessment Brief). Secondo la relazione, il numero crescente di casi in Europa desta particolare preoccupazione nelle zone a basso livello di copertura vaccinale, con gruppi di persone non vaccinate. I bambini di età inferiore a 12 mesi, troppo giovani per essere immunizzati, costituiscono il gruppo a maggior rischio, insieme ai bambini non vaccinati di età inferiore a 5 anni, ai bambini immunocompromessi e agli adulti con un rischio più elevato di malattia grave e di aumento della mortalità.

    Per interrompere la trasmissione di questa malattia altamente contagiosa è necessario vaccinare almeno il 95% della popolazione con due dosi. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie incoraggia le autorità sanitarie pubbliche a mantenere un’alta copertura vaccinale, a garantire le capacità di monitoraggio, rilevamento precoce, diagnosi e controllo delle epidemie, e a sensibilizzare maggiormente gli operatori sanitari e il pubblico.

  • La Commissione raccomanda nuove misure sulla prevenzione vaccinale dei tumori

    Dalla Commissione europea arriva una raccomandazione volta a sostenere gli Stati membri nel loro impegno a prevenire il cancro mediante la vaccinazione. La raccomandazione si concentra, in particolare, sulla promozione del ricorso a due vaccinazioni chiave in grado di prevenire infezioni virali che possono causare tumori (il papillomavirus umano (HPV) e il virus dell’epatite B (HBV)) e sul miglioramento del monitoraggio dei tassi di copertura.

    La raccomandazione fa parte del piano europeo di lotta contro il cancro, un pilastro fondamentale dell’Unione europea della salute. Si stima che circa il 40% dei casi di cancro nell’UE sia prevenibile. Tuttavia, secondo una nuova relazione appena pubblicata, nel 2021 gli Stati membri dell’UE hanno destinato alla prevenzione solo il 5% circa della spesa sanitaria totale.

    In molti Stati membri la copertura vaccinale contro il papillomavirus è ben al di sotto del 50% tra le ragazze, i dati relativi a ragazzi e giovani adulti sono molto limitati ed è marcata la mancanza di dati sui tassi di vaccinazione contro il virus dell’epatite B.

  • L’influenza stagionale non va chiamata ‘suina’

    Tutti stanno comunemente chiamando ‘suina’ l’influenza stagionale che sta costringendo a letto migliaia di italiani. In realtà con l’animale la patologia non ha nulla a che fare poiché è dovuta al virus influenzale A(H1N1) che provoca un’infezione virale acuta dell’apparato respiratorio con sintomi simili a quelli classici dell’influenza. Soprannominare questo virus influenza “suina”, come sottolinea @anmvioggi, rivista dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani, è un retaggio mediatico che deriva dai primi casi rilevati nel 2009 quando diversi Paesi hanno riportato casi di infezione nell’uomo provocati da un nuovo virus influenzale di tipo A(H1N1), noto come influenza “suina” e poi denominato A(H1N1)pdm09.
    Ogni anno i virus respiratori determinano un aumento dei ricoveri e della mortalità nel periodo di circolazione; e allo stato attuale è in linea con le stagioni influenzali del periodo pre-pandemico, come riporta l’Oms.
    Il ceppo influenzale è contenuto nel vaccino, fortemente assolutamente consigliato, anche ad un pubblico più ampio rispetto ai soggetti tenuti a farlo. Mascherine e strumenti di protezione individuale nel caso di contagio sono fortemente consigliati. Negli episodi più gravi bisogna ricorrere ad una terapia tempestiva con antivirali, soprattutto nei soggetti con condizioni di rischio.

  • Torna la fiducia nei vaccini

    La Commissione di Bruxelles ha pubblicato la relazione 2022 sullo stato della fiducia nei vaccini nell’Unione europea. Dalla relazione, la terza di questo genere, emerge che negli Stati membri dell’UE27 l’81,5% degli intervistati concorda sul fatto che i vaccini siano importanti, l’85,6% ritiene che siano efficaci e l’82,3% è d’accordo sul fatto che siano sicuri.

    Dopo avere fluttuato durante la pandemia, le percezioni sono generalmente tornate ai livelli del 2018. Permangono tuttavia differenze tra Paesi e tipi di vaccini. Emerge un crescente “divario di fiducia nei vaccini” tra di chi ha più di 65 anni e i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni: tra il 2018 e il 2022 i giovani di questa fascia di età hanno infatti perso fiducia.

    Stella Kyriakides, commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare, ha dichiarato: “La pandemia di Covid-19 ha dimostrato quanto siano importanti i vaccini, che hanno salvato circa 20 milioni di vite umane nel primo anno dalla loro autorizzazione. Ciò attesta la nostra forte collaborazione con ricercatori, scienziati, produttori, autorità nazionali e partner mondiali. Al tempo stesso, la relazione sottolinea la velocità con cui la fiducia può cambiare e i numerosi fattori che possono influenzarla. Il miglioramento della fiducia nei vaccini prima della pandemia è stato il risultato di uno sforzo concertato nell’Ue. Dobbiamo trarre insegnamenti dalla pandemia e unire le forze per comprendere gli ostacoli in modo da colmare le lacune vaccinali”.

    La relazione sulla fiducia fa parte del seguito dato alla raccomandazione del Consiglio del 2018 relativa al rafforzamento della cooperazione nella lotta contro le malattie prevenibili da vaccino. La raccomandazione presenta un elenco di attività volte ad aumentare la copertura vaccinale. Nell’ambito dell’iniziativa di contrasto alla disinformazione sui vaccini del programma EU4Health, la Commissione sta avviando una campagna di comunicazione sui benefici della vaccinazione contro Covid, influenza stagionale e Hpv lungo tutto l’arco della vita, denominata United In Protection.

  • Ha un senso ridurre la quarantena?

    Il governo e il comitato tecnico scientifico sta valutando la possibilità di ridurre il tempo di quarantena in caso di contatto stretto con un soggetto positivo al covid che attualmente prevede 10 giorni per i non vaccinati e di 7 giorni per i vaccinati. La proposta prevede la diminuzione di questo tempo di quarantena che potrebbe essere portato a 5 giorni o addirittura a 3. Credo sia una proposta molto sensata in virtù della considerazione che la variante che sta o è già predominante, la omicron, ha una rapidità di contagio velocissima, in genere tre giorni: questo giustificherebbe la riduzione del tempo di quarantena. Inoltre ridurre la quarantena per i vaccinati avrebbe anche l’impatto positivo di non bloccare il Paese nelle sue normali attività e il mondo produttivo. Quarantene estese e lunghe bloccherebbero molte funzioni fondamentali di attività giornaliere di pubblica utilità quali mezzi di trasporto, ospedali (mancherebbe personale medico e infermieristico, fra i primi ad infettarsi per contatto cronico con pazienti malati e  vivendo per ore al giorno nelle strutture ospedaliere), servizi al pubblico come farmacie, tribunali, con fortissimo disagio personale e lavorativo per tutti noi. Inoltre la vaccinazione, meglio ancora con terza dose, potrebbe permettere in caso di contatto stretto e di contagio di avere una carica virale molto bassa, spesso insufficiente per essere trasmissiva a terzi, così da rendere poco utile il ricorso a una quarantena lunga. Ciò ancora una volta testimonia il ruolo fondamentale della vaccinazione nel controllo della pandemia e della necessità di mantenere attivo il livello anticorpale di una popolazione molto estesa, soprattutto nella fascia over 65 e dei fragili in particolare. La lunghezza o l’accorciamento della quarantena andrà comunque in un prossimo futuro valutato sulla base della evoluzione delle varianti e del comportamento epidemiologico del virus stesso , testimoniando ancora come la risposta a questo  evento pandemico necessiti di risposte veloci e rapide, sostenute da gruppi di esperti incaricati che abbiano in mano dati aggiornati su cui prendere decisioni veloci, senza così permettere al virus di giocare in anticipo rispetto alle nostre mosse preventive.

  • Covid: Thousands of children left without parents in Iran

    More than 51,000 children in Iran have lost a parent to the Covid-19 pandemic, Iranian welfare authorities say.

    One such case is that of Eliza, aged four.

    Eliza was very attached to her father. They read together, sang together, and he was always there to put her to bed.

    But then one day he started coughing and was taken to hospital. Her father, who was 40, died of Covid.

    “She gets very nervous if I’m out of her sight for one minute, she thinks I might not come back, like daddy,” says Afrooz, Eliza’s mother.

    Eliza is one of thousands of children who are coping with the loss of a mother or father to Covid in Iran.

    Many of these children have been home-schooled for the last 18 months and have little access to their support network due to the pandemic restrictions. It is feared the impact could be far-reaching.

    “Children who lose parents feel life is unpredictable,” says Dr Samineh Shaheem, Professor of Psychology and Leadership in London.

    “They feel that they have lost their agency and have little control over their lives. This may have long-term consequences, while increasing the risk of short-term trauma and adverse effects on their health.”

    Compared to many of these children, Eliza is in a better situation because her mother is a teacher and can provide for her.

    For many families though, life is much more difficult – especially those who have lost their primary breadwinner.

    ‘Dire consequences’

    When the pandemic began, the Iranian economy was already struggling due to US-led economic sanctions, widespread corruption and mismanagement.

    In the first year of the crisis more than one million Iranians lost their job, according to Iran’s Islamic Parliament Research Center, with dire consequences.

    “The economic uncertainty and financial difficulties may push some older children out of the education system so that they can provide for their younger siblings, making them vulnerable to exploitation, which may have dire consequences for the whole family,” says Dr Shaheem.

    Iran has suffered one of the worst coronavirus outbreaks in the Middle East.

    The official death toll in the country has reached more than 120,000, but Iranian authorities admit that the real number is much higher.

    Many Iranians blame the scale of Covid fatalities on the decision of Iran’s Supreme Leader, Ayatollah Ali Khamenei, to ban the import of US- and UK-developed vaccines last winter.

    These vaccines are being imported now, but only 20% of the population have been double-jabbed so far.

    Iran’s president, Ebrahim Raisi, had promised that 70% of the population would be vaccinated by the end of September – a promise that hasn’t been fulfilled.

    And all of this is too late for Eliza’s father.

    Eliza’s mother says: “She keeps saying that when Covid is gone, daddy will come back.”

    It is an impossible wish. Moreover, many children like her will grow up wondering whether the death of their parents could have been prevented, had the vaccine import not been banned.

  • La deriva emergenziale e lo IATO istituzionale

    A quasi diciotto (18) mesi dall’inizio della pandemia la contrapposizione politica e soprattutto sociale relativa alle strategie sanitarie da utilizzare per fronteggiare l’emergenza sanitaria sta raggiungendo ormai livelli imbarazzanti per quanto riguarda i personaggi coinvolti e preoccupanti per quanto riguarda le tensioni sociali che ne scaturiscono.

    In questo contesto da un governo serio il singolo cittadino e l’intera popolazione si attendono, pur nell’adeguamento delle strategie alle evoluzioni del quadro sanitario, un comportamento coerente chiaro e soprattutto attendibile. Basterà ricordare come l’assoluta incompetenza del governo Conte 2 e del suo ministro dell’economia Gualtieri assicurarono manovre finanziarie a sostegno delle imprese e dei lavoratori pari alla metà del PIL (700 miliardi) e conseguentemente nessuno avrebbe perso il posto di lavoro. Dichiarazioni avventate e figlie della impreparazione dei singoli attori governativi ma che dimostrano come le responsabilità governative dovrebbero essere valutate con una maggiore obiettività.

    L’esasperazione sociale può venire in parte superata sia attraverso l’adozione del protocollo di vaccinazione governativo (scelto dalla maggioranza della popolazione) che attendendo nuove e più chiare spiegazioni dagli organi istituzionali, poiché questa incertezza governativa si è trasferita inevitabilmente nel contesto sociale e politico e determina una fortissima contrapposizione tra sostenitori della vaccinazione ormai al 80% e no-vax.

    Nessuno ricorda come nei mesi passati la soglia di sicurezza sociale (immunità di gregge) venisse dal governo indicata prima al 70% dei vaccinati ora al 80% e probabilmente un domani al 90% dimostrando ancora una volta come le affermazioni governative risultino in continua evoluzione e possano generare nella popolazione una giustificata dose di incertezza.

    Esiste, quindi, un vizio di fondo attribuibile interamente alle fonti governative le quali pur usufruendo di un stato di emergenza non riescono ad indicare con precisione innanzitutto sulla base di quali parametri questo sia stato adottato (1) ma soprattutto sulla base di quali altri parametri potrà venire sospeso (2).

    Questa deriva emergenziale porta, poi, i sostenitori del protocollo vaccinale governativo, nonostante la Costituzione tuteli la salute di ogni singolo cittadino, indipendentemente dai comportamenti nell’arco della propria vita, ad indicare come inevitabile il pagamento delle spese sanitarie per chi non si è vaccinato fino a spingere una parte della intelligentia di sinistra (Lerner) addirittura a proporre di  mettere fuori legge i no-vax. Di istituire quindi e reintrodurre il reato di opinione.

    Viceversa, uno stato di emergenza dovrebbe spingere il governo ad avere o quantomeno dimostrare di possedere idee e strategie molto più precise e chiare con l’importante obiettivo di renderle note e togliere cosi spazio alla speculazione fine a se stessa, magari anche scegliendo delle persone comprensibili nel loro linguaggio (piuttosto di indolenti personaggi da cabaret) con l’obiettivo di rassicurare la popolazione. Invece, ancora oggi, lo stesso ministro Speranza inneggia ad una possibile terza dose e ripropone come forma di pressione psicologica il terribile scenario di un’altra chiusura totale.

    Uno stato di emergenza non significa la sospensione delle prerogative democratiche alle quali ANCHE un governo è soggetto come espressione di quell’obbligo di trasparenza nei confronti dei cittadini-elettori. Una trasparenza ancor più necessaria in quanto il governo stesso si basa su una maggioranza parlamentare assoluta.

    Sembra incredibile come i sostenitori ma anche gli oppositori della vaccinazione e di un eventuale green pass non si rendano conto di come dal contesto nel quale esercitano il proprio diritto di confronto democratico emerga chiara questa deriva autoritaria in nome dell’emergenza. Una deriva  visibile a livello statale e verificabile a livello europeo in rapporto alla imposizione di  una transizione ambientale basata solo su paradigmi ideologici (https://www.ilpattosociale.it/attualita/linquinamento-ideologico/).

    L’alternativa a questa deriva autoritaria del nostro Paese si trova  a soli pochi chilometri da Milano, nella democrazia diretta della Svizzera. Poco prima dell’estate, infatti, con il solito referendum, è stato posto il quesito ai cittadini se volessero accettare i costi aggiuntivi di una transizione ecologica: la risposta è stata a  grandissima maggioranza NO.

    Questa nostra deriva autoritaria attraverso la centralizzazione decisionale con  lo Stato ed il governo, quindi il solo potere esecutivo, e l’Europa in ambito continentale, uniti ad imporre stati di emergenza come transizioni ambientali ed ecologiche, per altro di chiara ispirazione ideologica, dimostra come il concetto di democrazia si stia impoverendo pericolosamente.

    Certamente la nostra era una democrazia delegata nella quale tuttavia da anni gli effetti delle decisioni economiche, sociali e sanitarie (si pensi ai tagli alla sanità dei governi Monti e Renzi ) non ricadono mai sugli autori di queste politiche ma sempre sui cittadini.

    Prende corpo cosi lo IATO ISTITUZIONALE tra organi istituzionali ed elettori. Lo stato e chi in suo nome opera, in altre parole, sta prendendo il sopravvento sulle legittime e democratiche aspettative dei cittadini.

  • Bruxelles centra l’obiettivo: il 70% degli adulti è vaccinato

    L’Unione europea ha centrato il suo obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro la fine dell’estate. Un traguardo importante, non solo dal punto di vista simbolico per Bruxelles, considerato il contesto mondiale dominato dalle nuove varianti come la C.1.2, rilevata per la prima volta lo scorso maggio in tutte le province sudafricane, e dopo l’allarme dell’Oms sul rallentamento del ritmo delle immunizzazioni nel vecchio Continente.

    In totale, oltre 250 milioni di adulti nell’Unione hanno ricevuto un ciclo completo di dosi, ha annunciato la presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen esultando per la meta conseguita. Solo sette settimane fa era già stato raggiunto anticipatamente l’obiettivo della Commissione di fornire agli Stati membri, entro la fine di luglio, un numero sufficiente di dosi del siero per vaccinare completamente il 70% degli europei adulti. “Ma la pandemia non è finita. Occorre fare di più. Invito tutti coloro che possono a vaccinarsi”, ha esortato la politica tedesca, precisando che va aiutato anche il “resto del mondo” a vaccinarsi, e che l’Europa continuerà a “sostenere i propri partner in questo sforzo, in particolare i Paesi a basso e medio reddito”.

    Tuttavia sul tasso di vaccinazione restano ancora alti i divari all’interno della stessa Unione. In cima ai Paesi che hanno completato il ciclo di vaccinazione rispetto alla popolazione totale, come evidenzia l’Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali), c’è Malta (con 79,84 somministrazioni di seconda dose per 100 abitanti), seguita da Portogallo (72,67) e Danimarca (71,40), mentre l’Italia è all’ottavo posto (61,18). Agli ultimi due posti ci sono Romania (26,67) e Bulgaria (16,72).

    “I nostri sforzi per aumentare ulteriormente le vaccinazioni in tutta l’Ue proseguiranno senza sosta”, ha precisato la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides, annunciando che si continuerà a “sostenere in particolare gli Stati membri che incontrano ancora problemi. Dobbiamo colmare il divario di immunità e chiudere la porta alle nuove varianti”. Un punto quest’ultimo sul quale la commissaria ha voluto porre l’accento. “Per uscire dalla pandemia dobbiamo vaccinare, vaccinare, vaccinare”, ha insistito Kyriakides.

    La variante Delta, identificata per la prima volta in India e ora dominante, è tra il 40 ed il 60% più trasmissibile rispetto a quella Alpha. Uno studio britannico pubblicato sabato scorso ha infatti rilevato che le persone infette dalla Delta hanno il doppio delle probabilità di essere ricoverate in ospedale per il Covid-19 rispetto a quelle infettate dall’Alpha.

    Sul fronte dell’utilizzo del Green pass inoltre la panoramica all’interno dell’Unione mostra un quadro abbastanza variegato. Entrato in vigore l’1 luglio, il certificato che consente i viaggi oltre confine è obbligatorio in Francia per entrare in bar, ristoranti, treni e aerei, ospedali. Una decisione che ha portato in piazza recentemente gli anti-pass. La Germania, da parte sua, non desiste sul piano di introdurlo sui treni a lunga percorrenza e sui voli interni. Il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert ha citato come esempi “la Francia, che lo ha già introdotto, e anche l’Italia, che lo disporrà da settembre”, per motivare la sostenibilità di una misura che in Germania sta sollevando un forte dibattito interno. E se la Spagna non ha introdotto un obbligo nazionale lasciando alle autorità regionali le decisioni in merito, in Austria il green pass è necessario per accedere a musei, ristoranti e luoghi di cultura, come anche negli hotel e nei centri benessere. Nei Paesi Bassi non è obbligatorio per entrare nei locali, ma lo si può richiedere per i grandi eventi, mentre Estonia, Lituania e Lettonia lo richiedono per i ristoranti al chiuso, come in Grecia.

  • Coronavirus: 70% della popolazione adulta dell’UE completamente vaccinato

    L’UE ha raggiunto una tappa fondamentale: il 70% della popolazione adulta ora è completamente vaccinato. In totale, oltre 256 milioni di adulti nell’UE hanno ricevuto un ciclo completo di vaccino. Sette settimane fa è già stato raggiunto anticipatamente l’obiettivo della Commissione: fornire agli Stati membri, entro la fine di luglio, un numero sufficiente di dosi di vaccino per vaccinare completamente il 70% della popolazione adulta dell’UE.

    La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affermato: “La vaccinazione del 70% degli adulti nell’UE completata già in agosto è un grande risultato. La strategia dell’UE di procedere insieme sta dando i suoi frutti e pone l’Europa all’avanguardia nella lotta globale contro la COVID-19. La pandemia tuttavia non è finita. Occorre fare di più. Invito tutti coloro che possono a vaccinarsi. E dobbiamo aiutare anche il resto del mondo a vaccinarsi. L’Europa continuerà a sostenere i propri partner in questo sforzo, in particolare i paesi a basso e medio reddito.”

    Cooperazione e solidarietà a livello mondiale

    La vaccinazione rapida e completa di tutte le popolazioni di interesse – in Europa e nel mondo – è essenziale per controllare l’incidenza della pandemia. L’UE è alla guida della risposta multilaterale. L’UE ha esportato circa la metà dei vaccini prodotti in Europa verso altri paesi del mondo, pari a quanto ha fornito ai suoi stessi cittadini. Team Europa ha offerto circa 3 miliardi allo strumento COVAX per contribuire a garantire almeno 1,8 miliardi di dosi per 92 paesi a basso e medio reddito. Ad oggi il COVAX ha fornito oltre 200 milioni di dosi a 138 paesi.

    Team Europa mira inoltre a condividere, entro la fine del 2021, almeno 200 milioni di dosi supplementari di vaccini, garantite nell’ambito degli accordi preliminari di acquisto dell’UE, con i paesi a basso e medio reddito, in particolare attraverso il COVAX, nell’ambito degli sforzi di condivisione dell’UE.

    Preparazione alle nuove varianti

    Data la minaccia costituita dalle nuove varianti, è importante continuare a garantire la disponibilità di un numero sufficiente di vaccini, compresi i vaccini adattati, anche nei prossimi anni. Per questo motivo il 20 maggio la Commissione ha firmato un nuovo contratto con BioNTech-Pfizer, che prevede la fornitura di 1,8 miliardi di dosi di vaccini tra la fine dell’anno e il 2023. Allo stesso scopo, la Commissione ha anche esercitato l’opzione di 150 milioni di dosi prevista dal secondo contratto con Moderna. Gli Stati membri hanno inoltre la possibilità di rivendere o donare dosi a paesi extra UE in difficoltà o di utilizzare lo strumento COVAX, contribuendo a un accesso equo e globale ai vaccini in tutto il mondo. Potranno essere stipulati anche altri contratti. Questa è la polizza assicurativa comune dell’UE per le prossime eventuali ondate di COVID-19.

    Contesto

    Un vaccino sicuro ed efficace è il migliore strumento a nostra disposizione per sconfiggere il coronavirus e tornare alla vita normale. La Commissione europea si è adoperata senza sosta per garantire dosi di potenziali vaccini che possano essere condivise con tutti.

    La Commissione europea ha finora garantito fino a 4,6 miliardi di dosi di vaccini contro la COVID-19 e sono in corso negoziati per ulteriori dosi. La Commissione sta inoltre collaborando con l’industria per aumentare la capacità di produzione dei vaccini.

    Nel contempo la Commissione ha iniziato a lavorare per affrontare le nuove varianti, con l’obiettivo di sviluppare rapidamente e produrre su larga scala vaccini efficaci contro tali varianti. “Hera incubator” contribuisce a rispondere a questa minaccia.

    Fonte: Commissione europea

  • Libertà vo cercando

    “Libertà vo cercando, che è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta”: nel Purgatorio di Dante sono queste le parole che Virgilio rivolge a Catone Uticense.

    Mai come in questo anno, che commemora Dante Alighieri e che vede l’Italia, come gran parte del resto del mondo, combattere ancora contro la pandemia, questa parole dovrebbero ricordare a tutti che per difendere la propria libertà non si può mettere a rischio la libertà e la salute degli altri. I nostri diritti individuali trovano confine nel rispetto dei diritti altrui, della collettività. Chi dimentica questo, sia che si tratti di un politico, di un giornalista, di una persona immagine o di un semplice cittadino, si mette fuori da quell’ordine sociale che ha dato vita, e tiene in vita, la democrazia. Tutte le polemiche e le proteste messe in essere in questi giorni, in totale spregio di qualunque misura cautelare contro il diffondersi del virus, dimostrano come intolleranza, ignoranza, disprezzo degli altri e confusione mentale si stiano diffondendo in una società che preferisce sposare acriticamente qualunque falsa notizia che appaia sulla rete che tenere conto della realtà. Una realtà tragica che, in questi lunghissimi mesi, ha visto morire 127.971 persone ed altre decine di migliaia a non essere completamente guarite e ancora portatrici di patologie gravi ed invalidanti. Una società che sembra accettare che battere la gran cassa dei propri personali interessi sia consentito a prescindere dalle conseguenze che ci saranno e dove l’intolleranza è alleata alla stupidità di chi, per non mettere la mascherina, mette a rischio gli altri e se stesso, salvo poi pretendere di essere curato a spese di tutti, in ospedale. La libertà individuale, se non si svolge un’attività che porta a contatto con gli altri, dà diritto a non vaccinarsi, a non mettere la mascherina, a non lavarsi le mani ma, in questo caso, il diritto alla libertà di tutti gli altri deve imporre che chi non accetta le regole comuni deve starsene a casa sua fino alla fine della pandemia, deve pagarsi le spese sanitarie, se contrae il virus, deve rispondere, a termini di legge, se ha infettato altri e procurato danni ai singoli o alla collettività.

    Avvilisce che per alcuni il vaccinarsi o meno sia diventato un elemento divisivo che porta a vere manifestazioni di violenza, non solo verbale, e a posizioni pseudo politiche e pseudo culturali che danneggiano una vita civile e relazionale corretta. Anche questi sono tra i danni del covid. Tra i possibili scenari invece ottimisti quello che questa pandemia possa portarci ad affrontare più preparati il futuro, partendo dalla Medicina del territorio, dalla prevenzione ed organizzazione a monte, dal controllo globale sulle ricerche scientifiche per evitare quelle scorrette e pericolose, dallo scambio tempestivo di informazioni utili ad una maggior serietà e consapevolezza di tutti coloro che, a vario titolo, si occupano della cosa pubblica, dalla gestione delle reti all’informazione, dalla politica, all’economia, alla cultura.

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