virus

  • I costi emergenziali e le economie conservative

    Le pandemie rappresentano un evento eccezionale al quale nessuno è preparato per affrontare i terribili effetti in termine di vite umane e delle conseguenze economiche.

    Risulta tuttavia evidente come, una volta passata la prima ondata pandemica ed in attesa di una possibile seconda, proprio in virtù dell’esperienza appena vissuta sarebbe necessario dimostrare durante il periodo “di attesa” una strategia che permettesse se non di evitarla quantomeno di contenerne gli effetti ed i conseguenti  danni. Proprio perché una  pandemia rappresenta un evento eccezionale una strategia “conservativa” si sarebbe dimostrata molto più indicata rispetto a quella adottata dal governo. Una strategia conservativa avrebbe dovuto porre al primo posto il contenimento di una eventuale riproposizione delle problematiche relative ai contagi e di conseguenza rimandare sine die tutte le velleità riformiste fino al raggiungimento di un ritrovato equilibrio economico sanitario.

    In altre parole, in presenza ora di una didattica a distanza il solo acquisto dei banchi  con le rotelle per circa un miliardo e mezzo di euro rappresenta un insulto all’intelligenza umana e l’apoteosi della presunzione e mediocrità di chi lo ha ideato e realizzato. Invece l’incompetenza così come la cieca ideologia unita ad una presunzione dei singoli hanno portato ad un evento disastroso con la semplice apertura delle scuole.

    Tornando quindi all’aspetto strategico risulta evidente, persino clamorosa, la differenza tra indennizzi emergenziali ed investimenti a seconda che venga adottata una strategia conservativa o la  classica politica emergenziale la quale interviene successivamente all’evento.

    Francamente non si riesce a capire per quale motivo in questo momento drammatico il governo assicuri indennizzi superiori addirittura a cinque o sei miliardi “a ristoro” dei danni subiti da intere categorie a causa del nuovo dpcm quando le medesime risorse unite a quelle dedicate per i banchi a rotelle avrebbero rappresentato delle risorse ampiamente sufficienti per potenziare i mezzi pubblici che rappresentano il vero problema della diffusione del contagio esploso con la riapertura delle scuole.

    Risulta francamente incomprensibile come si preferisca avviare una “Finanza di soccorso” piuttosto che una Finanza strutturata espressione di una politica conservativa con il fine di non ritrovarsi in una situazione come quella attuale già vissuta durante la prima ondata.

    Certamente è più agevole gestire un’emergenza che immaginare un investimento strutturale per evitarla.

    In questo senso è evidente l’inadeguatezza di questo governo.

  • Covid: i nodi al pettine

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Michele Rallo.

    I nodi stanno per venire al pettine. Non quelli della situazione sanitaria, assai meno preoccupante di quanto i numeri “ufficiali” potrebbero far temere. Ma quelli della situazione economica che, al contrario, è ben più grave di quanto appaia a prima vista.

    Fino ad ora Giuseppi si era affidato al metodo Casalino: non fare nulla, rimandare, prendere tempo, limitarsi a galleggiare sulla paura di PD e grillini di andare a elezioni anticipate, e – ultimo non ultimo – affidarsi alle conferenze-stampa all’ora del telegiornale per acquisire una popolarità da utilizzare poi per i suoi progetti politici.

    Il passaggio piú delicato era stato quello del prolungamento del blocco dei licenziamenti, inizialmente in scadenza in autunno e successivamente prorogato fino al 31 dicembre. Giuseppi II è riuscito così ad evitare il temuto “autunno caldo”, rimandando tutto all’anno nuovo.

    Ma, adesso, anche la scadenza di Natale si avvicina, e l’ombra dei suoi effetti devastanti si staglia minacciosa su uno scenario già drammatico: le tante aziende che non hanno riaperto dopo la chiusura di primavera, i primi disoccupati post-Coronavirus (da cinque a seicentomila, secondo diverse stime) di cui nessuno sembra essersi accorto, le superstiti partite IVA con l’acqua alla gola, interi comparti economici in ginocchio. Se non si trova il modo di estendere ancora il blocco dei licenziamenti (e di pagare la cassa integrazione), subito dopo le feste ci saranno un milione di nuovi disoccupati, che andranno ad aggiungersi al mezzo milione di prima.

    E, questo, senza contare che le prime misure con cui si vorrebbe contrastare la “seconda ondata” del Covid potrebbero decretare una crisi irreversibile di interi comparti: ristorazione, spettacolo, tempo libero, turismo e una larga fetta del settore commerciale.

    La sanità, intanto, è in affanno. Dopo la “prima ondata” non si è fatto nulla per rianimarla. La vecchia “austerità” non è stata rimossa: spese sempre ridotte all’osso, ospedali dismessi non più riaperti, personale sempre più spremuto e non gratificato. Tutto fermo, in attesa che l’emergenza in arrivo faccia cadere le resistenze a richiedere i 37 miliardi del MES. E, anche qui, all’insegna del tirare a campare: ci prendiamo questo prestito, utilizziamo questi soldi per finanziare l’aumento di personale e posti letto, e poi si vedrà. Ma nessuno parla delle condizioni giugulatorie per ottenere il prestito che ufficialmente sarebbe “senza condizioni”. In fondo – mi permetto di osservare – ci sarà ben stato un motivo per cui tutti gli altri candidati al MES abbiano detto “no, grazie”. Tutti, ma proprio tutti: non soltanto la Grecia, che veniva da un’esperienza bruciante, ma anche la Francia, la Spagna, il Portogallo. Tutti vittime di “pregiudizi ideologici”? Oppure qualcuno spinge per ripetere in Italia le porcherie che hanno già fatto in Grecia?

    Intanto – secondo indiscrezioni di stampa – il Fondo Monetario Internazionale (uno dei tre “figli di troika”) ci avrebbe riservatamente suggerito di ricorrere ad un nuovo lockdown, considerandolo idoneo – udite, udite! – a ridurre i danni per l’economia.

    Parallelamente, l’Unione Europea ci consiglia caldamente di tornare a far pagare l’IMU per la prima casa. Vecchio pallino di madame Merkel, che ha rifatto capolino dalla risposta del solito Gentiloni – commissario europeo agli Affari Economici – all’interrogazione di una europarlamentare italiana. Gentiloni ha poi precisato che non c’è una odierna “raccomandazione” europea al riguardo, e tuttavia non ha potuto negare che tale raccomandazione esistesse fin dal 2017 (il “vecchio pallino”) e che lui – guarda caso! – la avesse ricordata proprio in questi giorni.

    Nulla di nuovo. Si sa che gli ambienti PD sono alla disperata ricerca dei soldi per far fronte alle rate con cui dovremo restituire i miliardi del Recovery Fund. Pensioni e reddito di cittadinanza sono in cima ai pensieri dei merkeliani di casa nostra. Ma subito dopo verranno le case degli italiani, che la Kanzlerin vorrebbe in qualche modo sacrificare.

    Giuseppi non si scompone. L’importante é che tutte queste cose non facciano saltare gli equilibri – sempre più precari – fra piddini e grillini, o quelli fra grillini governisti e grillini movimentisti. Per il momento, le misure anti-Covid in gestazione servono benissimo a distogliere l’attenzione generale da un quadro politico europeo che comincia ad essere assai traballante.

    Senonché proprio queste misure anti-Covid possono fare saltare tutto: non solo il quadro politico italiano e quello dei rapporti con la UE, ma la stessa tenuta sociale di quello che resta del sistema Italia. In questo momento – scrivo al mattino della domenica – il Conte Tacchia e le delegazioni dei partiti di governo stanno trattando su un pacchetto di misure che è sostanzialmente un lockdown mascherato. La paventata chiusura totale non é prevista, nel senso che le “attività produttive” dovrebbero essere lasciate in funzione; ma una larga fetta delle attività commerciali e dei servizi saranno probabilmente chiusi o sottoposti a “coprifuoco”.

    A pagare il conto più salato saranno gli stessi di marzo-aprile. E, questa volta, moltissimi non saranno più in grado di riaprire. Indennizzi? Mi aspetto un’altra fregatura “poderosa”, come quella dell’altra volta.

    Sul piano “tecnico”, si continuerà a raccontarci che i contagi possono venire dagli stadi (15% del pubblico ammesso, all’aperto) e non da trasporti pubblici degni del terzo mondo (80% dei passeggeri consentito, al chiuso e in spazi ristretti).

    Intanto, le nostre coste e i nostri confini terrestri del nord-est continuano ad essere assaltati da legioni di migranti economici (non hanno più il coraggio di definirli ipocritamente “rifugiati”). Migranti che non soltanto ci scodellano un robusto supplemento di virus – checché ne dica la ministressa degli Interni – ma vengono a cercare lavoro (e abitazioni e assistenza sanitaria e trattamenti previdenziali e tante altre cose) in un paese che é con l’acqua alla gola.

    Lo sfascio è totale, siamo a un passo dal marasma.

    Giuseppi non lo capisce. Questa sera – ci scommetto – ce lo vedremo candidamente pontificare dagli schermi tv all’ora di cena, liscio e impomatato come al solito, a raccontarci che “tutto va ben, madama la marchesa”, che i sacrifici “necessari” (quelli degli altri) ci faranno superare anche quest’altro nuovo momentaccio e che, in ogni caso, l’Italia può sempre contare sulla solidarietà operante e sull’amicizia imperitura dell’Unione Europea. L’importante è che non si vada a votare.

  • Il Mes: il tragico “palleggio” tra il -2% ed il +11,9%

    Durante l’arco dell’intera estate tutti gli esponenti del governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene hanno disquisito dell’utilizzo o meno delle risorse del Mes in una tragicommedia, che vedeva coinvolta anche l’opposizione, in relazione ai tassi di interesse richiesti al servizio.

    La contrapposizione era relativa alla valutazione se il Mes comportasse dei costi superiori a quelli richiesti dal mercato nel sottoscrivere i titoli del debito pubblico italiano (*). Uno spettacolo indicato, da dotti e telegenici commentatori, come l’essenza del confronto politico che arricchisce il tessuto democratico del nostro Paese.

    Viceversa nessuno ha considerato, ieri come oggi, ma soprattutto valutato appieno le conseguenze della eccezionalità del momento legato alla prima ondata del covid-19 come alla possibilità, ora triste realtà, di una seconda sotto il profilo squisitamente gestionale ma anche strategico. Questa eccezionalità avrebbe dovuto ispirare un atteggiamento molto più pragmatico al di là della propria posizione ideologica al fine di comprendere come il Mes, proprio per la sua specifica destinazione per il SSN, potesse essere una risorsa da utilizzare in una duplice finalità. La prima sicuramente finalizzata ad attrezzare con la massima urgenza il sistema sanitario in previsione di una possibile seconda ondata, quindi aumentare il numero dei posti disponibili in terapia intensiva in un’ottica prudenziale molto più indicata di un banco con le rotelle.

    Contemporaneamente con una seconda altrettanto importante che permettesse allo stesso sistema sanitario nazionale di non tralasciare le patologie passate in secondo piano rispetto al covid 19.

    Da allora a tutt’oggi la sanità pubblica, in un momento di eccezionale gravità e difficoltà, non ha ottenuto nessuna risorsa aggiuntiva extrabilancio che il Mes avrebbe invece assicurato. In questo senso, infatti, si ricorda come solo Veneto, Friuli-Venezia e Valle d’Aosta abbiano aumentato la capacità delle terapie intensive.

    Gli effetti di tale disastroso e vergognoso attendismo del governo centrale e di buona parte delle Regioni vengono espressi dal singolo dato riportato nel titolo. Questo da solo pone la maggioranza, come l’intero quadro politico, di fronte alle proprie responsabilità che dovrebbe portare ad un cambiamento di passo nella gestione della sanità pubblica. Come conseguenza diretta di una struttura sanitaria di fronte ad una seconda ondata dei contagi risultano aumentate dell’11,9% le morti da tumore al colon legate al ritardo nella diagnosi. Quindi, invece di utilizzare le risorse disponibili che il Mes avrebbe reso disponibili immediatamente in previsione di una possibile seconda ondata ma anche per non rendere di una secondaria importanza le altre patologie mortali, l’aumento di oltre il 11,9% di questa tipologia di decessi rappresenta il Vergognoso risultato di questo attendismo attribuibile all’intera classe politica nella sua complessità. A causa di manieristiche disquisizioni tra differenze decimali di interesse si è verificata una crescita dell’11,9% di maggiori decessi per ritardi nelle diagnosi.

    La responsabilità di questi decessi va interamente attribuita al miserabile gioco politico che rappresenta un costo insostenibile per la cittadinanza.

    Quando per una classe politica dirigente risultano prioritarie le differenza decimali relative ad un finanziamento esclusivo ed immediato per il SSN e che rappresenta meno del 2% dell’ammontare dell’intero debito pubblico risulta, come logica conseguenza, che il quadro istituzionale ed economico siano destinati ad implodere.

     

  • In attesa di Giustizia: emergenza continua

    I contagi, purtroppo, segnano una curva in decisa risalita: è in arrivo la seconda ondata, quella in cui nessuno credeva sebbene se ne fosse anticipato il rischio. Non diversamente da quello che sembra accadere nel settore della sanità, invece che lavorare d’anticipo per prevenire i problemi, anche in quello della giustizia si corre ai ripari con un certo ritardo. Piuttosto che niente è meglio piuttosto, si dirà ed è di pochi giorni fa la notizia di un accordo tra Ministro di Giustizia e sindacati del comparto sulla organizzazione di uno smart working lontano dalla versione caricaturale praticata in fase di lockdown, e purtroppo anche oltre, con uffici giudiziari che, se va tutto bene, funzionano tutt’ora a due cilindri (nemmeno a tre…).

    Come si è annotato in precedenti articoli, il personale distaccato a casa non era autorizzato ad accedere ai registri ordinariamente accessibili dall’ufficio ed alla rete protetta: uno smart working all’amatriciana, insomma. Ora, sebbene nulla di preciso si sappia della gara per la fornitura, dovrebbero essere consegnati migliaia di computer portatili, con licenza di accesso ai dati riservati agli uffici. Bene, una volta tanto e se funzionerà, il sistema potrà costituire senz’altro un valore aggiunto anche trascorsa la fase emergenziale.

    Nessuna notizia, peraltro, sul corrispondente accesso smaterializzato degli avvocati agli uffici giudiziari. Male, anzi malissimo perché non servono strumenti tecnologici nuovi ma solo una normativa che autorizzi l’uso della pec per depositare gli atti difensivi: ora, invece, si è costretti ad andare in Tribunale, facendo lo slalom tra divieti, file in assembramento, prenotazione di accessi concessi con evidente fastidio come se l’ingresso fosse facultato a degli untori.

    Vero è che il deposito telematico di atti presuppone una riorganizzazione della fase ricettiva degli stessi, ma è un problema banale da risolvere.

    Massima comprensione per quelle che sono le priorità di chi ci governa, ma oltre ai diritti sindacali, pur legittimi, il diritto di difesa dei cittadini non può essere trascurato prima che questo attivismo a senso unico, sollecitato dalla previsione della possibile ricaduta in condizioni di grave emergenza sanitaria, determini una ulteriore emergenza nell’emergenza.

    E, a proposito di emergenza, sarebbe anche giunto il momento per avere una informazione univoca, chiara e trasparente sui dati reali del fenomeno epidemico, dalla cui dimensione dipenderanno scelte cruciali nelle prossime settimane (tra le quali, dunque, anche quelle relative allo svolgimento dell’attività giudiziaria).

    Lungi da ogni forma idiota di negazionismo, anzi, sono da considerare grottesche le resistenze pseudo-libertarie alle regole di distanziamento sociale ed all’uso della mascherina: ma non si può più negare il dato di una torbidità della informazione sulla epidemia. Anche un analfabeta in matematica, comprende la totale arbitrarietà della comunicazione di numeri dei contagi in valore assoluto, accompagnati a mezza bocca dalla variabile dei tamponi effettuati, come se fosse informazione di contorno.

    Perché si insiste nella diffusione di dati privi del benché minimo rigore statistico?

    Le informazioni di rilevanza pubblica non sono un patrimonio che il Governo di un Paese democratico possa amministrare in modo inspiegabilmente arbitrario, oscuro, nebuloso: ne risentono la vita sociale, l’economia, ovviamente la dislocazione di presidi sanitari e non può trascurarsi il settore della giustizia la cui attesa, altrimenti, con l’aggiunta delle criticità portate dalla epidemia l’attesa diventerà infinita. Insomma, dateci informazioni, invece di dare i numeri.

  • Lutto nella destra piemontese

    Filippo, combattivo attivista politico della prima ora, quando a Torino e provincia si rischiava la vita a far politica con il Fronte della Gioventù, l’MSI e Alleanza Nazionale, figlio di un sindacalista dalla schiena dritta, in tempi duri e di forti tensioni sociali nel mondo lavoro, Filippo la sua gavetta politica l’aveva fatta da giovane davanti ai cancelli Fiat volantinando e portando le istanze politiche della destra. Successivamente è stato consigliere comunale e presidente del consiglio di San Mauro Torinese e in tanti lo ricordano come un amministratore disponibile e grande idealista, sempre gioviale, dal sorriso stampato sulle labbra. A chi lo conosceva lascia un vuoto incolmabile e tanta tristezza, il rimpianto di una perdita inattesa, a soli 69 anni, non è riuscito a vincere la sua ultima battaglia, con la sua solita spavalderia, contro il Covid, eppure di malanni ne aveva superati tanti come i suoi problemi di cuore.

    A Filippo mi legano tanti ricordi di battaglie politiche e serate gioviali, a i vari congressi di Alleanza Nazionale e del Centro Sportivo Fiamma. Ricordo come fosse ieri le tante serate, le cene e i vari incontri politici, delle campagne elettorali europee, in sostegno dell’on. Cristiana Muscardini, coronati sempre da grandi successi, ottenuti in clima politico ostile, dove prevalevano la lealtà e gli ideali Politici, cosa rara nella politica attuale.

    Filippo è stato anche uno sportivo di lotta greco romana e componente della Giunta Esecutiva del Fiamma e un intraprendente giornalista con due grandi passioni: la Juve e la politica. Per chi volesse dargli l’ultimo saluto i funerali si svolgeranno martedì 20 settembre alle ore 10.00 presso la chiesa di San Benedetto in via Papa Giovanni XXIII 26 a San Mauro Torinese.

    Filippo un cameratesco saluto e non farci mai mancare il tuo sorriso e la tua sana allegria.

  • La Commissione europea indica i principali passi per garantire l’efficacia delle strategie di vaccinazione e della diffusione dei vaccini

    La Commissione europea si sta adoperando per garantire l’accesso a vaccini sicuri in tutta Europa incoraggiando un approccio coordinato per definirne le strategie di diffusione. In occasione della discussione dei leader dell’UE propone i possibili gruppi prioritari ai quali somministrare il vaccino in un primo tempo e presenta gli elementi chiave che gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione per le loro strategie di vaccinazione contro la COVID-19, così da preparare l’Unione europea e i suoi cittadini al momento in cui sarà disponibile un vaccino sicuro ed efficace.

    Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “Un vaccino sicuro ed efficace è la nostra arma migliore per sconfiggere il coronavirus e tornare alla vita normale. Ci siamo fortemente impegnati per concludere accordi con le aziende farmaceutiche e garantire un determinato numero di dosi in futuro. Ora dobbiamo assicurarci che l’arrivo di un vaccino ci trovi pienamente preparati a diffonderlo. La nostra strategia di vaccinazione aiuta i paesi dell’UE a predisporre le loro campagne di vaccinazione, ossia a stabilire quali siano i gruppi prioritari, come garantire una distribuzione equa e come proteggere i più vulnerabili. Se vogliamo che la vaccinazione sia efficace dobbiamo prepararci adesso.”

    In linea con la strategia dell’UE sui vaccini del 17 giugno, la Commissione europea e gli Stati membri stanno garantendo la produzione di vaccini contro il COVID-19 attraverso accordi preliminari di acquisto con i produttori di vaccini in Europa. Qualsiasi vaccino dovrà essere autorizzato dall’Agenzia europea per i medicinali secondo standard di sicurezza ed efficacia verificati regolarmente. Gli Stati membri dovrebbero ora iniziare a elaborare una strategia di vaccinazione comune per la diffusione dei vaccini.

    Gli Stati membri dovrebbero garantire tra l’altro: la capacità dei servizi di vaccinazione di somministrare i vaccini per la COVID-19, anche in termini di forza lavoro qualificata e di dispositivi medici e di protezione; un accesso ai vaccini agevole e dal costo contenuto per le popolazioni destinatarie; la diffusione di vaccini con caratteristiche ed esigenze di stoccaggio e trasporto diverse, in particolare in termini di catena del freddo, capacità di trasporto refrigerato e capacità di stoccaggio; una comunicazione chiara sui benefici, i rischi e l’importanza dei vaccini contro la COVID-19 per rafforzare la fiducia del pubblico.

    Tutti gli Stati membri avranno contemporaneamente accesso ai vaccini contro il COVID-19 in base al numero di abitanti. Durante le fasi iniziali di diffusione e prima che la produzione possa essere incrementata, il numero complessivo di dosi di vaccino sarà limitato. La comunicazione fornisce pertanto esempi di gruppi prioritari (non elencati in ordine di priorità) che i paesi dovrebbero prendere in considerazione quando i vaccini contro la COVID-19 saranno disponibili, tra cui: operatori sanitari e delle strutture di assistenza a lungo termine; persone di età superiore a 60 anni; persone particolarmente a rischio a causa delle loro condizioni di salute; lavoratori essenziali; persone impossibilitate a osservare il distanziamento sociale; gruppi socioeconomici più svantaggiati.

    In attesa dell’arrivo di vaccini approvati contro il COVID-19, salvaguardando nel contempo la continuità di altri tipi di servizi e programmi essenziali di assistenza sanitaria e di sanità pubblica, l’UE deve continuare a contenere la trasmissione del virus. Tale obiettivo può essere conseguito tramite la protezione dei gruppi vulnerabili e assicurandosi che i cittadini aderiscano alle misure di sanità pubblica. Fino a quel momento, e molto probabilmente anche durante le prime fasi di introduzione della vaccinazione, le misure di mitigazione, quali il distanziamento fisico, la chiusura dei luoghi pubblici e l’adattamento dell’ambiente di lavoro, continueranno a essere il principale strumento di sanità pubblica per il controllo e la gestione dei focolai di COVID-19.

     

  • Un mondo che non si pone mete

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi il 13 ottobre 2020.

    La recente enciclica Fratelli tutti aprirà inevitabilmente un profondo e vivace dibattito, in tutti i settori della società, non solo all’interno delle gerarchie vaticane. Ben venga, ce n’era bisogno. È una sfida forte al pensiero unico che la globalizzazione, economica, finanziaria e culturale, ha silenziosamente imposto nel mondo in questi ultimi decenni.

    Senza sottovalutare il suo richiamo etico, morale, oltre che religioso, noi laicamente ne vorremmo evidenziare alcuni aspetti che toccano l’economia e l’organizzazione sociale. La pandemia, ha detto Papa Francesco, ha evidenziato la frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che toccano tutti, nonostante l’iper-connessione.

    Tale frammentazione sembra in contraddizione con la globalizzazione. In realtà, il Papa dice che l’espressione “aprirsi al mondo” è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Essa, però, «si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri e alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi».

    Il pensiero unico sembra unificare il mondo ma in realtà divide le persone, le nazioni e i continenti. Mentre nella società umana si indebolisce la dimensione comunitaria, «aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori». Dove il più forte s’impone e protegge i propri interessi a discapito dei più deboli e poveri. Ovviamente, «in tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera».

    L’aspirazione al dominio dei più forti, dei mercati, mira a «demolire l’autostima» degli altri. «Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono», ammonisce Papa Francesco. L’enciclica è una forte e precisa critica al liberismo economico, quale proiezione dell’individualismo più radicale. Tanto che nel testo si dice che «la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità». Ci si ingannerebbe se pensassimo che «accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune.»

    Secondo noi, questa falsità è la base dell’ideologia e della cosiddetta teoria del liberismo economico radicale. È stata elaborata già all’inizio del 1700 nel libro La favola delle api: ovvero, vizi privati, pubbliche virtù di Bernard de Mandeville. L’autore descrive la vita dell’alveare. «Essendo così ogni ceto pieno di vizi, tuttavia la nazione di per sé godeva di una felice prosperità, era adulata in pace, temuta in guerra. I vizi dei privati contribuivano alla felicità pubblica». Ma, scriveva Mandeville, quando le api vollero diffondere per tutto l’alveare l’onestà e la giustizia, allora la vanità e il lusso, che davano lavoro e commercio, diminuirono e con essi anche la prosperità dell’alveare.

    «Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa.», sentenziava Mandeville. Non si tratta evidentemente di una semplice favola per grandi. È, invece, la giustificazione di una società ingiusta che ha avuto, però, una grande influenza su molti studiosi di economia, a partire da Adam Smith, del quale la «mano invisibile» regolerebbe in modo autonomo e automatico l’andamento dei mercati.

    In merito Papa Francesco fa sentire la sua voce. «Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del «traboccamento» o del «gocciolamento», senza nominarla, «come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’iniquità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale», afferma, «alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato», ricorda ancora l’enciclica, denunciando che «la speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage».

    Come anche noi più modestamente abbiamo spesso scritto, il Papa ripete che «la crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale».

    Purtroppo non c’è stato un ripensamento delle politiche economiche e sociali che governano il mondo!

    L’enciclica, giustamente, vuole proporre una riforma nei rapporti economici e politici a livello globale. Poiché «la società mondiale non è il risultato della somma dei vari Paesi, ma piuttosto è la comunione stessa che esiste tra essi», serve «una nuova rete nelle relazioni internazionali». Pertanto nel testo si afferma: «È necessaria una riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni».

    Secondo Papa Bergoglio un’iniziativa urgente riguarda il debito dei paesi più poveri. Egli chiede che «si assicuri il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e al progresso, che a volte risulta fortemente ostacolato dalla pressione derivante dal debito estero. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente».

    Il secolo XXI registra un’evidente perdita di potere degli Stati nazionali a causa dei caratteri transnazionali che oggettivamente ha l’odierna attività finanziaria, limitando così il ruolo della politica e le stesse scelte dei singoli governi. In questo contesto, l’enciclica afferma che «diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare.»

    Il testo è d’indubbio valore, per molti versi rivoluzionario, sicuramente stimolante per quei governanti che hanno ancora a cuore il destino non solo de proprio Paese ma anche quello del mondo in questo terzo millennio.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • I compiti per le vacanze estive del governo Conte

    E’ clamorosamente evidente come, finito il primo lockdown, il governo in carica dovesse darsi degli obbiettivi immediati e di medio termine per affrontare l’autunno e la concomitanza con l’influenza di stagione. Una serie di compiti per casa per l’estate 2020 da svolgere con la massima cura.

    In altre parole, le priorità che le autorità governative nazionali e regionali avrebbero dovuto individuare e perseguire si potrebbero individuare sostanzialmente in sei punti cardine.

    1. Il potenziamento dei mezzi pubblici, anche attraverso degli accordi con vettori privati, al fine di supportare la movimentazione pubblica, specialmente con l’apertura delle scuole per le quali ovviamente andavano organizzati i doppi turni fino dalla apertura.
    2. In considerazione della eccezionalità del periodo non ancora concluso la sospensione di ogni obbligo e restrizione (leggi ZTL e limiti per autoveicoli ad euro sotto il 4) per gli spostamenti dei privati cittadini supportandoli anche con parcheggi gratuiti se non venisse realizzato per tempi il punto 1.
    3. Congelamento di ogni riforma per 12/18 mesi in attesa di una ritrovata normalità in quanto ogni riforma dovrebbe venire riconsiderata nel rapporto con gli effetti di questa pandemia ancora incalcolabili se non addirittura sconosciuti.
    4. Potenziamento nella capacità ricettiva ospedaliera delle terapie intensive in considerazione del finanziamento Mes utilizzabile per investimenti nel settore sanitario.
    5. Rendere facile e veloce la procedura dei tamponi per la maggiore quota di popolazione per uno screening il più diffuso possibile.
    6. Programmare per tempo l’acquisto dei vaccini antinfluenzali ben oltre la dotazione degli anni precedenti così da rendere possibile una vaccinazione diffusa oltre le solite categorie obbiettivo.

    In relazione alla situazione attuale che si sta pericolosamente delineando si può tranquillamente affermare come i punti 1 2 3 4 5 e 6 risultino assolutamente disattesi ad eccezione del punto 4 per le Regioni Veneto, Val d’Aosta e Lazio.

    In considerazione dei risultati conseguiti da questa classe politica e dirigente, che ancora una volta evidenzia la metastasi culturale ormai irreversibile del nostro paese, sembra incredibile come tutti rimangano granitici al loro posto a testimonianza della propria inettitudine assoluta.

  • Allarme Covid così serio che i governi rinviano al 2021 l’accordo sulla Webtax

    Covid e dissidi tra Paesi allungano i tempi per il raggiungimento di un accordo sulla Webtax, il sistema di tassazione sui giganti del web, che non potrà essere raggiunto prima del 2021. Una prospettiva che allarma l’Ocse che vede ricadute sulla crescita complessiva delle economie. “Nello scenario peggiore – una guerra commerciale globale innescata da tasse unilaterali sui servizi digitali in tutto il mondo – il mancato raggiungimento di un accordo potrebbe ridurre il PIL globale di oltre l’1% all’anno”, avverte l’organizzazione parigina. Qualcosa si muove comunque. E nell’ultima riunione dello scorso 8-9 ottobre “sono stati fatti progressi sostanziali verso il raggiungimento di una soluzione a lungo termine”, osserva l’Ocse e aggiunge che “gli ultimi colloqui riflettono opinioni convergenti su caratteristiche politiche chiave, principi e parametri per un futuro accordo. Sono state inoltre identificate le questioni politiche e tecniche rimanenti in cui le differenze di opinioni devono ancora essere colmate e le fasi successive del processo multilaterale”. Ma in questo processo “i negoziati sono stati rallentati sia dalla pandemia che dalle differenze politiche”. Obiettivo finale resta comunque quello di garantire che “le imprese multinazionali ad alta intensità digitale o rivolte ai consumatori paghino le tasse laddove conducono affari sostenuti e significativi, anche quando non hanno una presenza fisica, come è attualmente richiesto dalle norme fiscali esistenti”. Commenta il Segretario generale dell’Ocse Angel Gurría: “È chiaro che sono necessarie nuove regole per garantire l’equità nei nostri sistemi fiscali e per adattare l’architettura fiscale internazionale a modelli di business nuovi e mutevoli. Ma senza una soluzione globale basata sul consenso, il rischio di ulteriori misure unilaterali non coordinate è reale e cresce di giorno in giorno. È obbligatorio portare questo lavoro al traguardo. Il fallimento rischierebbe che le guerre fiscali si trasformino in guerre commerciali in un momento in cui l’economia globale sta già soffrendo enormemente”.

  • Lo stato del coronavirus in Europa

    Dopo aver provocato un milione di vittime in tutto il mondo e contagiato più di 33 milioni di persone al mondo, il nuovo coronavirus non si ferma. E proprio l’Europa è uno dei nuovi epicentri della seconda ondata della pandemia: dopo Spagna, Francia e Gran Bretagna, ora anche in Germania la situazione viene valutata come “molto preoccupante”. E sono molte le capitali e le grandi città europee dove restrizioni e nuove chiusure sono entrate in vigore, in un tentativo dei vari governi di arginare il numero di contagi.

    In Belgio bar e locali devono chiudere entro le ore 23 mentre i negozi che vendono cibo e alcool non possono rimanere aperti oltre le 22.

    In Francia per i prossimi 15 giorni, a Parigi e in 11 città, classificate rosse e in situazione di massima allerta sanitaria, tutti i bar saranno chiusi dalle 22 alle 6 di mattina, e durante la stessa fascia oraria sono vietati concerti di musica e vendita di alcool. I ristoranti continueranno ad essere regolarmente aperti, ma devono essere osservate le regole di distanziamento. Entra in vigore anche il divieto di organizzare ricevimenti di nozze, feste studentesche mentre da domenica i grandi eventi culturali e sportivi non possono superare i mille partecipanti e in pubblico (parchi, spiaggia, boschi) le persone non possono essere più di dieci. Possono rimanere aperte solo le palestre e i centri sportivi con spazi esterni mentre le piscine devono osservare regole igienico-sanitarie molto restrittive. L’efficacia delle nuove norme sarà valutata dalle autorità nel tempo e le direttive potranno essere prorogate fin quando ritenute necessarie.

    In Germania il portavoce della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, ha avvertito che l’evoluzione della pandemia è “molto inquietante” e ha chiesto ai tedeschi di indossare mascherine, di rispettare le regole igieniche e i periodi di quarantena oltre a utilizzare l’app di tracciamento in caso di eventuale positività.

    In Gran Bretagna sono complessivamente 16,6 milioni le persone sottoposte a restrizioni, divaria natura ed entità: 12,4 milioni di persone in Inghilterra, il 22% della popolazione; 1,9 milioni in Galles (il 60%), 1,8 in Scozia (il 32%). Si va dalla chiusura di pub e ristoranti alle 22 al divieto di mescolarsi a persone che non siano membri della propria famiglia in case o giardini. E’ entrata in vigore la norma che prevede il pagamento di una multa fino a 11 mila euro in caso di mancato rispetto dell’isolamento per chi è risultato positivo al Sars-Cov-2. Possibili misure in arrivo anche per le regioni del Nord-Nord-ovest e centro della Gran Bretagna oltre che per Londra. Secondo alcune anticipazioni del Times, che cita un esponente di governo, tutti i pub, bar e ristoranti saranno chiusi inizialmente per due settimane; saranno anche vietati per una durata indeterminata le riunioni di famiglia nei luoghi chiusi.

    In Olanda potrebbero entrare in vigore restrizioni negli spostamenti sul territorio nazionale, limitando l’accesso da e per le principali città quali Amsterdam, Rotterdam e l’Aia. Le autorità stanno valutando la chiusura di bar e ristoranti alle 22, il divieto di partecipare ad eventi sportivi e ulteriori limitazioni agli assembramenti sia pubblici che tra parenti ed amici. Al momento non viene presa in considerazione la possibilità di un nuovo lockdown nazionale.

    In Spagna a Madrid e nella sua area metropolitana le restrizioni sono sempre più severe e riguardano un milione di cittadini: per la seconda settimana consecutiva, la popolazione di 45 aree nella città possono lasciare la propria zona di residenza solo per andare a scuola, al lavoro o per cure mediche. I parchi pubblici sono chiusi e gli orari di apertura di attività commerciali sono stati ridotti. Il governo centrale, in aperto scontro con la Comunidad di Madrid, avrebbe voluto che le misure riguardassero un numero maggiore di cittadini.

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