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Gli agricoltori incassano il 7% netto del prezzo al bancone dei loro prodotti

Su 100 euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. E per i prodotti alimentari trasformati la situazione è ancora peggiore con l’utile dell’agricoltore che si riduce a 1,5 euro, solo di poco inferiore a quello dell’industria, pari a 1,6 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto che fanno la parte del leone. E’ quanto emerge dall’analisi della catena del valore, realizzata dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), sulla base degli ultimi dati Istat disponibili e relativi al 2021, che evidenzia comunque una erosione die margini agricoli rispetto al 2013. Permangono – scrive Ismea – squilibri strutturali nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare, con le fasi più a valle, quali logistica e distribuzione, in grado di trattenere la quota più elevata del valore finale del prodotto, a discapito soprattutto della fase agricola”.

L’approfondimento, realizzato dall’Istituto, sulla filiera della pasta e su quella della carne bovina ha messo in luce una situazione di sofferenza, con margini particolarmente compressi, se non addirittura negativi, per le aziende agricole e gli allevamenti, mitigati solo dal sostegno pubblico, attraverso la Pac e gli aiuti nazionali. Una situazione che evidenzia la necessità di intervenire con una più equa distribuzione nella catena del valore con la recente normativa sulle pratiche sleali lungo la filiera e la rilevazione dei costi standard sotto i quali non devono scendere i compensi. Il Rapporto Agroalimentare 2024 elaborato dall’Ismea evidenzia anche gli importanti risultati raggiunti dall’export agroalimentare che per l’intero nel 2024 potrebbe raggiungere i 70 miliardi di euro anche se ci sono timori per il prossimo anno per la nuova politica dei dazi annunciata dal neopresidente Usa Donald Trump. Già nei primi nove mesi del 2024 comunque e le esportazioni hanno superato le importazioni con la bilancia commerciale che è tornata in attivo nell’agroalimentare anche se permangono settori a forte dipendenza dall’estero come la soia con un tasso di autosufficienza nel 2023 del 32%, il mais (46%), e il grano duro (52%) e tenero (36%). A pesare i bassi compensi riconosciuti alla produzione ma anche gli eventi climatici eccezionali.

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