Il Comune di Ancona accetta il ripudio di una moglie in base alla formula del rito islamico
Il Comune di Ancona ha registrato come valido il ripudio che un marito bengalese ha formulato secondo il rituale islamico, il talaq, nei confronti di una moglie che accusava di tradimento. La vicenda è stata scoperta dagli avvocati ai quali la donna si era rivolta per ottenere il divorzio secondo i crismi della legge italiana.
L’uomo aveva ottenuto già dal 2013 documentazione tradotta e certificata dall’ambasciata a Dhaka che certificava la fine dell’unione secondo la volontà dell’uomo stesso e in accordo con quanto prevede la religione islamica, la quale tuttavia non ha valore ai fini del diritto di famiglia italiano.
A dispetto del fatto che tale ripudio non sia riconosciuto dalla normativa italiana, il Comune di Ancona aveva riconosciuto come valida la documentazione fornita dall’uomo e aveva quindi riconosciuta come cessata l’unione tra l’uomo e la moglie già prima che quest’ultima chiedesse, nelle forme previste dalla legge italiana, lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
I legali della donna hanno fatto ricorso contro il ripudio stesso, anche perché quest’ultimo non prevede obblighi di mantenimento a carico dell’uomo, quali invece possono scaturire dalle procedure di rescissione matrimoniale previste dalla legge italiana. Il Comune di Ancona intanto, tramite il dirigente dei servizi anagrafici ha dichiarato legalmente insussistente «la possibilità di rifiutare un’annotazione perché contraria all’ordine pubblico italiano» e ha pure aggiunto che «se troverà una formula legittima per annullare l’annotazione del ripudio, lo farà». La spiegazione non ha convinto i legali della donna, secondo i quali l’accettazione del ripudio viola i principi internazionali, il municipio ha insistito nel dichiarare che «il Comune non ha il potere di discernere o rifiutarsi di annotarlo. Tocca al governo normare, ma intanto lo status della residente cambia».