
Totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto
Dove sono troppi a comandare nasce la confusione.
Luigi Einaudi
Il 24 febbraio scorso ricorrevano tre anni dall’inizio dell’aggressione russa sull’Ucraina. Un’aggressione voluta ed ordinata personalmente dal dittatore russo. Un’aggressione che ha causato, ad ora, decine di migliaia di vittime e tante, tantissime sofferenze. Basta fare riferimento al drammatico massacro di Bucha per rendere l’idea della crudeltà e l’efferatezza dei militari russi, nell’ambito di quella che il dittatore russo ha sempre chiamato “un’operazione speciale”.
E proprio il 24 febbraio scorso, alla ricorrenza del terzo anniversario dell’aggressione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato due risoluzioni sull’Ucraina. Una delle due risoluzioni, presentata dalla stessa Ucraina ed appoggiata dall’Unione europea, affermava che l’aggressione russa “ha continuato per tre anni e continua ad avere delle ripercussioni distruttive a lungo termine non solo per l’Ucraina, ma anche per altre regioni e la stabilità globale”. Questa risoluzione ha ottenuto 93 voti a favore, 65 astensioni e 10 voti contrari, tra cui quelli degli Stati Uniti d’America e della Russia. Mentre la seconda risoluzione, presentata dagli Stati Uniti d’America e nominata “Path to Peace” (La via verso la pace; n.d.a.), in poche righe si riferiva ad una rapida fine del conflitto e ad una “pace duratura” tra l’Ucraina e la Russia. Ma in quella risoluzione non si faceva mai riferimento alla tutela dell’integrità territoriale dell’Ucraina, mentre la Russia non veniva mai considerata come il Paese aggressore.
La Francia, uno dei cinque Paesi con il diritto al veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha presentato però due emendamenti al testo della risoluzione statunitense. Il primo emendamento chiedeva “….una pace giusta, duratura e complessiva tra Ucraina e Federazione Russa”. Tutto nell’ambito ed in pieno rispetto “della Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e i principi di sovranità, eguaglianza e integrità territoriale degli Stati”. Mentre con il secondo emendamento si chiedeva l’impegno per garantire “… la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, comprese le sue acque territoriali”. E siccome l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato i due emendamenti presentati dalla Francia, il Paese proponente della risoluzione, gli Stati Uniti d’America, durante il voto finale, hanno deciso di astenersi. Il testo modificato della risoluzione presentata dagli Stati Uniti d’America è stato approvato con 93 voti favorevoli, 73 astensioni (tra cui anche quello statunitense) e 8 contrari.
Bisogna sottolineare che le risoluzioni approvate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite non sono vincolanti per i 193 Paesi membri. Invece le decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono vincolanti per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite. Bisogna sottolineare, altresì, che il Consiglio di Sicurezza è l’organo esecutivo delle Nazioni Unite ed è composto da 15 Paesi. Cinque sono i Paesi membri permanenti con il diritto di veto (Stati Uniti d’America, Russia, Cina, regno Unito e Francia), mentre gli altri dieci hanno solo un mandato di due anni.
Ebbene, gli Stati Uniti d’America hanno ripresentato, nel pomeriggio del 24 febbraio scorso, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la loro breve risoluzione sull’Ucraina. Questa volta il Consiglio ha approvato la risoluzione statunitense, in cui si chiedeva “una rapida fine della guerra”, con 10 voti a favore e cinque astensioni (Regno Unito, Francia, Slovenia, Danimarca e Grecia). Il Consiglio di Sicurezza ha così adottato la risoluzione riproposta dagli Stati Uniti d’America, che chiede una pace in Ucraina senza riconoscerne “l’integrità territoriale” del Paese. Nel testo della risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si afferma, tra l’altro, che bisogna “ribadire che lo scopo principale delle Nazioni Unite è mantenere la pace e la sicurezza internazionale e risolvere pacificamente le controversie”. In più si chiede di “implorare una rapida fine del conflitto e sollecitare inoltre una pace duratura tra l’Ucraina e la Federazione Russa”. Dopo la votazione nel Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore della Russia presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dichiarato che “…la risoluzione è un passo che va nella giusta direzione”, mentre, riferendosi agli emendamenti presentati dai rappresentanti europei, dopo aver dichiarato per due volte il suo veto, ha affermato che si trattava “dell’ennesimo ultimatum anti-russo”.
Durante le sopracitate votazioni del 24 febbraio scorso, sia nell’Assemblea generale, che poi nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si è verificato anche un confuso e del tutto ridicolo comportamento della delegazione dell’Albania presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo confermano fonti mediatiche ben informate. Secondo quelle fonti, che non sono state né smentite e neanche contestate in seguito, l’ambasciatrice albanese presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è trovata e non solo una vota, in situazioni molto imbarazzanti. Prima delle votazioni del 24 febbraio scorso, la delegazione albanese è stata tra le rappresentanze diplomatiche che hanno sostenuto la risoluzione dell’Ucraina prima della votazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il che significherebbe che anche durante la votazione della stessa risoluzione la delegazione albanese dovrebbe dare il suo consenso. E ovviamente quello non era l’opinione e la convinzione personale dell’ambasciatrice albanese. Erano proprio le direttive arrivate da chi di dovere in Albania. E secondo le stesse fonti mediatiche, visto l’importanza del caso, niente poteva essere fatto senza il beneplacito del primo ministro. Di colui che pubblicamente si era schierato dalla parte dell’Ucraina e dell’Unione europea. Di colui che si vantava pubblicamente di aver fortemente contestato, a settembre scorso, l’ambasciatore russo presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, durante l’ultima sezione dell’Assemblea generale.
Ma dopo l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio scorso, il primo ministro albanese sta facendo di tutto per essere “ben visto” dalla nuova amministrazione statunitense. Anche perché, come si sa pubblicamente, lui è una persona sponsorizzata e sostenuta in tutto e per tutto da Geroge Soros. E siccome il nuovo presidente statunitense ha dichiarato guerra a tutto campo a Soros, il primo ministro albanese sta cercando, costi quel che costi, di presentarsi come un forte sostenitore del presidente statunitense, negando il suo benefattore. Ma non solo; il primo ministro albanese risulterebbe coinvolto in atti corruttivi sui quali stanno indagando alcune commissioni del Congresso e del Senato statunitense. Ragion per cui lui adesso sta cercando di essere “collaborativo” con la nuova amministrazione, così com’è anche con il genero dell’attuale presidente statunitense. Il nostro lettore, a tempo debito, è stato informato di questa “collaborazione”.
Ebbene, siccome la risoluzione dell’Ucraina non ha avuto l’appoggio degli Stati Uniti, e siccome loro avrebbero presentato un’altra risoluzione, allora l’ambasciatrice albanese è stata ordinata di sostenere la risoluzione statunitense come proponente. Come aveva fatto prima con la risoluzione dell’Ucraina. E questo radicale cambiamento di comportamento solo nell’arco di poche ore!
Chi scrive queste righe considera il sopracitato comportamento della delegazione albanese come un totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto. E siccome adesso il primo ministro albanese deve “ubbidire” a molti, allora diventa attuale quanto affermava Luigi Einaudi. E cioè che dove sono troppi a comandare, nasce la confusione. E il primo ministro albanese attualmente, non è solo confuso, è soprattutto spaventato per tutto quello che ha fatto.