La deriva etica fiscale
Non è un segreto per nessuno che il 50% della popolazione italiana sia rappresentata da single e che le famiglie esprimano una bassa natalità. Delle analisi, nel passato, avevano indicato nella natura “bambocciona” degli italiani le cause di questa preoccupante deriva demografica. Per fortuna la crescita culturale ci ha permesso di dimostrare come la sola qualità dei servizi a disposizione delle nuove famiglie permetta un maggiore incremento del tasso di crescita demografica, come la provincia di Bolzano ampiamente dimostra.
Tornando al quadro nazionale, questa importante metà della complessa società italiana, esattamente come le famiglie, dovrebbe venire considerata degna di rispetto e di ogni tutela, anche fiscale, in quanto cittadini dello Stato italiano.
Come spesso si è detto in passato ad una singola persona, quindi ad ogni cittadino italiano, dovrebbero venire assicurati dallo Stato le medesime tutele, indipendentemente dal proprio stato civile, sociale, estrazione politica o situazione economica.
Questo principio risponde alla sublimazione del pensiero liberale, il quale non utilizza alcun principio etico come fattore distintivo, e quindi discriminante, nell’individuazione delle persone a cui assicurare le tutele previste.
Una possibile diminuzione del carico fiscale e quindi l’introduzione di una tutela aggiuntiva da assicurare alle famiglie dimostra, invece, ancora una volta, come il pensiero socialista, e quindi promotore ed utilizzatore di fattori e parametri di natura etica e politica nell’individuazione dei fruitori di determinati diritti, sia ancora presente anche tra quelle compagini governative che si considerano liberali in ragione solo di una opinabile e soggettiva impreparazione politica..
La famiglia rappresenta, certamente, il nucleo fondamentale di ogni società e solo attraverso questa la stessa civiltà può pensare di progredire e quindi di assicurarsi un futuro.
La sua tutela, tuttavia, e soprattutto una politica che voglia supportare le problematiche specialmente per i giovani nuclei familiari, non può assolutamente ridursi ad una risibile esenzione fiscale il cui costo andrà a danno di un 50% restante della popolazione single.
Viceversa, il sostegno alla famiglia, e quindi al progredire della stessa società, va individuato nella rimodulazione della spesa pubblica, la quale deve essere indirizzata ed utilizzata per la creazione di asili nido e di servizi alle nuove famiglie, piuttosto che alla continua ricerca di escamotage normativi per nuovi pensionati.
Questa discriminazione fiscale e la conseguente individuazione delle categorie meritevoli di una maggiore tutela nasconde in buona sostanza un ancora ben radicato pensiero etico e politico (quindi di natura socialista) che anima anche questo governo come quelli precedenti (1).
Negli ultimi trent’anni ogni governo ha sostanzialmente negato il principio di uguaglianza anche di fronte al fisco e privilegiato, esclusivamente per una propria convenienza politica o peggio ideologica, determinate categorie e con loro solo alcune classi di cittadini come meritevoli di agevolazioni di qualsiasi tipo, anche fiscali.
Mai come ora l’uguaglianza anche di fronte al fisco viene messa in discussione a favore della solita applicazione di un pensiero politico ed ideologico assolutamente discriminante i cui risultati economici sono ormai evidenti a tutti.
La scarsa crescita economica del nostro Paese nasce anche da una deriva ideologica ed etica nella stessa gestione e nella scelta dei privilegiati fruitori della spesa pubblica. Di fatto si entra all’interno di un sistema normativa basato sulla applicazione di un’etica fiscale molto lontana da un sempre perfettibile quadro normativo basato sul principio liberale di uguaglianza.
(1) La stessa Iva maggiorata per i beni di “lusso” risultava discriminante nei confronti delle professionalità e dei lavoratori che intervenivano all’interno della complessa filiera produttiva.