Sui nostri media si parla e si scrive spesso della ribellione di alcune donne iraniane nei confronti dell’obbligo di portare un velo che nasconda i capelli. Quando ne riferiscono, tutti i nostri giornalisti (cui si aggiungono alcuni politici) criticano con vigore le repressioni violente attuate dal Regime contro la volontà di quelle figlie o mogli di scegliere liberamente come abbigliarsi. Purtroppo, va da sé che le capacità intellettive di noi giornalisti (e della maggior parte dei politici) non siano particolarmente brillanti e confesso di non stupirmi se anche in questo caso non si sia capita la vera sostanza del problema e cioè il semplice desiderio di chi ha la responsabilità di governare di evitare che la società diventi una palude immorale. Cercherò allora di spiegarlo.
Tutti concorderanno che gli omniscienti Ayatollah di Teheran e dintorni sappiano interpretare il Corano in modo corretto e se hanno deciso che il dettame che impone alle donne di non “sedurre” artatamente gli uomini imponga loro di coprirsi il capo ciò deriva certamente dagli studi approfonditi sull’argomento che hanno approfonditamente sviluppato. Qualcuno tuttavia continuerà a domandare: perché le reprimono, le picchiano, le imprigionano e non le lasciano libere di vestirsi come vogliono?
Le risposte sono due. La prima: lo fanno per impedire loro di peccare e, quindi, per il loro bene. Scoprirsi il capo, oltreché un atto inutile e magari foriero di danneggiare la salute, è agire contro la volontà del profeta e di chi lo ha ispirato. È naturale che chi è stato chiamato a governare su tutti i cittadini faccia di tutto per garantire loro, se non proprio l’attuale, almeno un futuro benevolo per dopo la morte. La seconda: la religione è sempre stata in ogni parte del mondo il modo migliore per ottenere una società ordinata, coesa e soprattutto “morale”. Consentire pubblicamente a delle invasate anticonformiste di infrangere le regole che mantengono “puro” l’ambiente in cui vivere significherebbe aprire all’anarchia e fare un danno gravissimo a tutti gli altri cittadini rispettosi delle regole e amanti del proprio benessere spirituale. Cosa conta, dunque, una misera libertà individuale davanti al pregevole compito di chi comanda di occuparsi del bene individuale e collettivo?
La giunta Sala di Milano non è, lo presumiamo, orientata religiosamente ma, almeno alla pari dei benemeriti Ayatollah, si preoccupa del benessere fisico e spirituale dei propri cittadini. Nessuno invochi lo “Stato etico” o la violazione di qualche libertà quando il Sindaco ha preso la decisione di impedire a qualche incallito tabagista di fumare all’aperto in qualunque posto pubblico. Si tratta di una misura doverosa al fine di tutelare gli individui e tutta la comunità. Così come in Iran lo si fa per garantire la moralità pubblica, a Milano ci si preoccupa della salute dei singoli fumatori e delle conseguenze di ciò che viene chiamato “fumo passivo”. Già la città è quotidianamente inquinata dagli scarichi dei riscaldamenti e delle auto, perché aggiungervi anche il fumo di sigaretta? Come ha ben spiegato una assessora di quella altruistica giunta si tratta anche di evitare l’ascesa in cielo di sostanze inquinanti che sicuramente contribuiscono in maniera determinante al cambiamento climatico. È la scienza che ce lo dice, visto che qualcuno ha perfino calcolato (lo afferma sempre l’assessora) che il fumo di tabacco contribuisce almeno al 7% dell’aria inquinata che circola a Milano (È vero, qualche miscredente dubita di chi e come abbia fatto questi calcoli ma io sono certo che un’assessora non menta mai). Chi vuole continuare a delinquere lo faccia dunque in casa, ma con le finestre chiuse per non ammorbare l’aria esterna. Tutti sappiamo che, se non aiutato nelle proprie scelte, il milanese è per natura immaturo e masochista e, per quanto compito ingrato, è un dovere di chi comanda indirizzarlo sulla retta via. Non lo si fa anche coi bambini?
D’altra parte, Sala e i suoi non fanno che adeguarsi a una politica sempre più diffusa in tutta Europa. Se il suddito cittadino non ha la maturità e l’intelligenza di fare da solo ciò che è vero e giusto, è compito di chi governa di spiegargli e, se necessario, imporgli di fare ciò che deve. E non basta! Se un singolo è talmente stupido da rimanere vittima di propaganda di chi l’Occidente ha deciso di definire come nemico (per esempio la Russia), è bene censurare tutti i media di quest’ultimo e annunciare la verità chiamando fake news tutto ciò che non collima con essa. Comunque, la società sana non perde nulla di importante eliminando le voci diverse da quella che è, e non può che essere, la Verità! Mi auguro, sempre per il bene comune e per sottolineare la nostra appartenenza al benemerito Occidente, che chi ha il dovere di comandare ci liberi definitivamente da quella sotto-cultura affatto europea che arriva da Mosca da fin troppo tempo attraverso i vari Tchaikovsky, Rimskij-Korsakov, Gogol, Dostoevskij, Puskin e via dicendo.
Già che si è all’opera, credo sia condivisibile anche la giusta eliminazione (mi raccomando: non fisica – almeno per ora) di tutti i negatori delle cause antropiche del cambiamento climatico. Se poco più di cento pazzi professori universitari (e qualche premio Nobel) scrivono che il cambiamento climatico non è causato dall’attività umana è giusto, per il bene collettivo e in nome della Vera scienza, emarginarli e mai menzionarli, affinché si chiuda così la loro immeritata carriera.
Certamente ci sarà sempre qualche irriducibile anti-sociale che si lamenterà, ma con tali malvagi peccatori insensibili ai sacrifici di chi vuole solo tutelarli, basta continuare con il già applicato metodo della rana bollita: aumentare la temperatura (vedi repressione) poco per volta senza che nemmeno se ne possano accorgere.
Approviamo, dunque, l’esempio degli Ayatollah e ben vengano i benefattori, gli altruisti, i dolci dittatori. Se noi non siamo abbastanza intelligenti per gestirci da soli ci obblighino loro a prenderci cura di noi stessi. Noi sappiamo che non lo fanno per ubriacatura da comando bensì per il bene nostro e di tutta l’umanità.