ideologia

  • Austria: la relazione causa effetto

    Per la prima volta, dal dopoguerra ad oggi, in Austria l’estrema destra ha raggiunto la maggioranza relativa alle ultime elezioni.

    Gli scenari che si aprono ora all’interno del Paese sono alquanto indefiniti, specialmente in rapporto alle maggioranze governative che si potranno formare, ma altrettanto potrebbero essere gli effetti sul ruolo austriaco all’interno della stessa Ue.

    Gli esiti elettorali, tuttavia, dovrebbero finalmente provocare una presa di coscienza In relazione alla scala delle priorità, ormai in antitesi, tra quelle della classe politica e quelle dei cittadini. Invece si inneggia ad un presunto pericolo per la democrazia espresso da molti commentatori, quasi che il principio democratico della sovranità dell’elettorato dipendesse dall’esito delle elezioni e non dal suo esercizio democratico.

    Viceversa, sarebbe opportuno che le maggiori istituzioni democratiche in Europa si interrogassero sulle motivazioni che hanno spinto delle persone per bene, ma abbandonate per trent’anni nelle loro legittime istanze, a cercare un rifugio nell’estrema destra.

    Dopo la Germania, infatti, anche l’Austria trova, o meglio, prova nella destra la possibilità di ottenere delle risposte che attende da trentuno anni, dalla nascita cioè dell’Unione Europea, che, di fatto, ha svuotato di potere le Nazioni, invece di offrire una tutela aggiuntiva alle singole politiche degli Stati e che dalla crisi del covid in poi ha offerto delle risposte assolutamente inadeguate.

    Basti pensare al delirio ideologico ambientalista che la UE ha abbracciato invece di inaugurare una politica di sviluppo e mantenimento degli asset industriali come conseguenza della crisi covid. Non è il sovranismo ad aver vinto quanto ad avere drammaticamente perso l’espressione di una visione “ideologicamente corretta” di una parte di quella che una volta si considerava la componente progressista della politica, e che ora si è ridotta al piccolo cabotaggio della tutela delle minoranze in contrapposizione spesso con le legittime istanze della maggioranza.

    Fino a quando il termine progressista si limiterà a parlare di pericolo fascista e sovranista per spiegare un sentiment diffuso tra le più diverse fasce della popolazione, la destra avrà un terreno fertile sul quale sviluppare le proprie politiche, forte di un incapacità e di una presunzione senza precedenti che caratterizza non solo la sinistra estrema ma anche quella più moderata.

    Una presunzione che trova la sua massima espressione, per esempio, nel tentativo di imporre una mobilità elettrica assolutamente priva di riscontri obiettivi di sostenibilità sia ambientale ma soprattutto economica.

    Del resto un fallimento più complessivo della politica europea è facilmente riscontrabile nella progressiva crisi di un mondo industriale che viene considerato ancora una volta Old Economy, esattamente come alla fine degli anni 90, e che invece rappresenta l’asset fondamentale di un qualsiasi sviluppo europeo.

    In ultima analisi le ragioni della vittoria in Europa dell’estrema destra, non si dimentichi l’esito in Olanda e in Germania, certificano una volta di più l’assoluta inconsistenza culturale ed economica di una classe politica nazionale ed europea le quali di fronte a fenomeni complessi come l’immigrazione, prima li hanno proposti come un arricchimento culturale e successivamente come contributori netti delle pensioni.

    Non si è capito invece che, esattamente come in economia, se è la domanda a determinare l’offerta di prodotti e servizi, in politica la presunta supremazia ideologica risulta destinata quindi a posizioni minoritarie, se non si dimostra in grado di mediare il proprio massimalismo ideologico con le aspettative di una popolazione stanca, avvilita ed in crisi economica.

  • Il neo individualismo progressista

    Il pronome che da decenni molti “progressisti” affermano essere il proprio elemento distintivo potrebbe venire indicato nel concetto di “Noi in quanto comunità”, in contrapposizione all’individualismo, e quindi al pronome “Io solo ed unico”, di cui viene accusata la controparte politica definita ed intesa come reazionaria.

    Con il passare degli anni, evidentemente, molte cose cambiano, e probabilmente lo stesso approccio ideologico può subire delle mutazioni impensabili soltanto pochi anni addietro, soprattutto per quanto riguarda la sfera individuale del singolo.

    Va ripetuto, ancora una volta, come ogni persona abbia il diritto, ed il legittimo riconoscimento dello stesso,, di sentirsi compiuto all’interno della propria dimensione personale in ogni possibile versione e dimensione, in particolare modo in relazione alla propria essenza personale ed intimità sensuale oltre che sessuale.

    Il riconoscimento di questo diritto non può incrinare il difficile equilibrio del  contesto sociale nel quale tutti Noi (il famoso pronome “progressista”) ci dobbiamo integrare e con il quale è inevitabile trovare una forma di coesistenza. Nel caso opposto il riconoscimento valoriale delle singole persone viene modificato sulla base di una scelta ideologica.

    In altre parole, chiunque legittimamente potrebbe sentirsi e proporsi come la versione umana di un tostapane, ma questo legittimo desiderio non può certo trasformarsi in un diritto di pretendere che al supermercato si possano trovare delle fette da toast delle dimensioni adatte alle aspettative di chi tale si sente.

    Viceversa, il mondo progressista, o che tale si considera forse solo come scelta di un posizionamento politico geografico, sta perdendo completamente la visione generale e collettiva delle priorità delle persone una volta definite “comuni” ma ora diventate “banali”, a favore dell’esaltazione di quelle sensibilità individuali, specialmente se minoritarie, anche se queste richiedano uno sforzo ulteriore per la loro definizione.

    Se questa ideologia fosse realmente progressista chiederebbe di assicurare il riconoscimento di queste sensibilità, e con esso l’individuazione di quei fattori per dare loro una dignità, a quelle persone che intendono partecipare alle Olimpiadi, ma per le quali la definizione del genere di appartenenza risulta non inequivocabile. Invece si sceglie di non tutelare le aspettative, anche se legittime, delle persone “comuni e banali” come le atlete femminili, togliendo loro la dignità nonostante si siano preparate per quattro anni e che si vedono scippare il titolo da una persona che ha le medesime ambizioni, ma con forti diversità morfologiche rispetto alle atlete donne.

    Sembra incredibile come il vero nemico delle donne e delle atlete sia oggi rappresentato dalla metamorfosi di quel movimento il quale una volta affermava di battersi per la loro equiparazione al genere maschile ed ora invece vuole annullare la loro stessa specificità.

    Se questo processo non troverà uno sviluppo normativo a tutela del contesto femminile, tutti noi potremmo essere legittimati a sentirci dei tostapane e a chiederci perché il supermercato non ci prenda in alcuna considerazione, tacciandolo per di più di razzismo.

  • La visione futura europea che emerge da Parigi 2024

    Al di là delle performance degli atleti olimpici che rappresentano i veri e  unici protagonisti delle giochi olimpici, risulta evidente come “Parigi 2024” possa  rappresentare perfettamente quello che potrebbe essere il mondo solo europeo nei prossimi decenni.

    La cerimonia di inaugurazione, Indipendentemente dalle interpretazioni di esperti vaticanisti o di satanisti (termini assolutamente ironici) ha suscitato numerose polemiche, tanto da indurre una delle principali aziende statunitensi ad abbandonare il contratto di sponsorizzazione. Di conseguenza l’intero impianto comunicativo ha fallito l’obiettivo di rappresentare l’essenza dello spirito olimpico il quale dovrebbe essere di fraternità piuttosto che divisivo e, visto che siamo in terra francese, di uguaglianza.

    L’esposizione di identità sessuali come elemento distintivo e caratterizzante, infatti, rappresenta una regressione culturale senza precedenti dell’epoca moderna in quanto l’intimità sessuale non può essere indicativa di alcuna specificità intellettuale.

    In questo contesto, poi, lo stesso abbandono della delegazione della Gran Bretagna del villaggio turistico a causa di un menù con poche proteine per scarsa presenza di carne dimostra quale ormai già ora sia il modello alimentare da adottare, ed espressione di una chiara e precisa ideologia da imporre in Europa nel prossimo futuro.

    Lo stesso allestimento del villaggio turistico con materassi scomodi ma di materiale riciclato e con letti di cartone sempre riciclato, i quali rendono molto difficile il riposo e soprattutto il recupero dalle fatiche olimpiche degli atleti, indica l’attenzione ideologica nei confronti dell’allestimento delle dimore private mentre contemporaneamente la realtà empirica emette già ora i primi verdetti sulle ammissioni.

    Si rileva, Infatti, come i Data Center inquinino più delle abitazioni private e, di conseguenza, diventa espressione di una pura ideologia oscurantista la  ridicola imposizione ideologica della transizione Green applicata alle case ed assolutamente ingiustificabili i costi ad essa collegati.

    Come ampiamente anticipato, poi, in Norvegia, il vero ed unico modello di riferimento per tutti i sostenitori di una transizione elettrica nella mobilità privata, si scopre come le emissioni di CO2 ,nonostante la più grande percentuale di auto elettriche, risultino assolutamente stabili. A dimostrazione della irrilevanza del settore Automotive e del trasporto sul totale delle emissioni complessive (*).

    Arrivando al paradosso nel quale il primo esportatore di gas e petrolio europeo, i cui proventi vengono investiti nella mobilità elettrica, mantiene invece inalterate le proprie emissioni .

    Nel frattempo, tra il 2023-2024, la Cina attraverso l’apertura mensile di centrali a carbone ha aumentato di 43.700 GW la propria capacità e potenza elettrica diventando il primo paese inquinatore nel mondo e con quote superiori  a tutto l’occidente.

    Tornando quindi alle Olimpiadi, questa manifestazione di Parigi rappresenta il punto di partenza per un nuovo Medioevo politico ed ideologico le cui conseguenze come i costi andranno interamente a carico delle future generazioni.

    Mai come ora l’adozione di questa visione ideologica per il solo continente europeo può venire assimilata ad una guerra di proporzioni e con conseguenze ancora oggi sconosciute

    (*) https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AE8MlslB

  • Il vuoto identitario ed ideologico

    Nel secolo scorso Enrico Berlinguer, segretario del PCI, aveva posto la classe lavorativa al centro della propria attività politica. Difficilmente qualcuno potrebbe affermare che esistesse una identità personale tra il segretario del PCI e la classe operaia, tuttavia l’impianto ideologico del suo partito cercava di porsi come obiettivo la tutela e gli interessi della classe lavorativa. Una mancanza di identità, intesa come vicinanza nello stile di vita, veniva quindi sostituita da un articolato impianto ideologico in grado di unire persone e rappresentanti politici di estrazione culturale molto distanti.

    Viceversa, nei partiti odierni la ricerca ossessiva di una assoluta identità tra leader di partito iscritti e simpatizzanti esprime, invece, un deserto intellettuale ma soprattutto una incolmabile distanza tra gli stessi, cristallina espressione della mancanza di uno quadro ideologico di riferimento.

    In altre parole, in relazione al PD, l’inserimento e l’esaltazione di un fattore identificativo come l’orientamento sessuale, e soprattutto condiviso nella vita privata, esprime la volontà di creare identificazione tra simpatizzanti e quadri dirigenti.

    Tutto questo, mentre il mondo industriale registra il 15° calo consecutivo della produzione industriale ed assistiamo all’esplosione della cassa integrazione nei primi sei mesi del 2024, per i quali il PD non esprime alcuna opinione se non quella di una volontà referendaria contro il Jobs Act.

    Un comportamento molto comune anche a destra, in quanto la scelta di una multinazionale di Singapore di avviare uno stabilimento di chip in Piemonte piuttosto che nel Veneto non ha suscitato alcuna reazione nell’attuale presidente Zaia: esattamente come quella precedente della Intel che scelse la Germania piuttosto che la provincia di Verona. Risultò più interessante partecipare e mantenere, durante il covid, un bollettino quotidiano, oppure continuare ad intervenire alle diverse sagre di paese. Anche in questo caso il Presidente della Regione Veneto ha dimostrato, come il PD, una volontà di coltivare una identità tra il censo politico ed il popolo degli elettori.

    Questa legittima strategia nasce ed esprime, tuttavia, l’assoluto vuoto ideologico che contraddistingue, tanto a destra quanto a sinistra, i diversi leader privi di una visione del nostro Paese, soprattutto in prospettiva del suo futuro, dimostrandosi attenti ed interessati alla sola contemporaneità.

    L’identità e la condivisione, in altre parole, rappresentano il vuoto politico ed ideologico nato da un declino culturale all’interno del quale un fattore privato, come l’identità sessuale, diventa un elemento catalizzatore e caratterizzante.

    Esattamente come ci sono leader di partito che propongono il reddito di maternità (Gasparri) o affermano che una pista di bob rappresenti assieme alle Olimpiadi invernali uno strumento per fermare lo spopolamento montano (Zaia). Anche per questo il Paese si avvia ad una delle crisi istituzionali, economica e di rappresentanza più disastrose dal dopoguerra ad oggi.

  • La nudità ideologica

    Da sempre, da troppo si potrebbe aggiungere, in Italia si assiste ad un pietoso spettacolo offerto, indipendentemente dal proprio orientamento politico, dalle diverse cariche istituzionali rappresentate da figure politiche.

    Solo poche ore fa un portavoce della Regione Lazio ha rilasciato delle dichiarazioni a titolo personale in relazione alla strage di Bologna, dimenticandosi completamente del ruolo che ricopre all’interno della Regione stessa. Anzi, ha affermando di parlare a titolo personale, dimenticando come nel momento in cui si assume un incarico il fattore personale non dovrebbe neppure venire più preso in considerazione a favore del ruolo pubblico.

    Negli ultimi mesi, in più riprese, il Presidente del Senato La Russa ha avuto modo di esternare affermazioni espressione di un proprio e forte orientamento politico.

    In altre parole, esattamente come nelle precedenti legislature gli stessi miserevoli comportamenti potevano venire attribuiti all’ex Presidente della Camera Fico e alla Boldrini, continua un orrido spettacolo offerto ai cittadini all’interno di ogni singola legislatura.

    Questo conferma, ancora una volta, come il ceto politico nostrano, nella propria articolata complessità e completezza, abbia solo compreso quali e quanti onori implichi una rappresentanza, una carica istituzionale, ma contemporaneamente ignori quali e quanti obblighi comporti la sua accettazione.

    Pur consapevoli quindi che una qualsiasi carica istituzionale, a maggior ragione se a livello nazionale, offra un prestigio unico ad un qualsiasi esponente politico, tuttavia sarebbe opportuno anche rendersi conto che implica inevitabilmente una serie di attenzioni, la prima delle quali dovrebbe essere quella di dimostrarsi in grado di rappresentare l’intero Paese e non la sola parte della maggioranza elettorale.

    Anche perché, in considerazione tanto della legge elettorale, la quale impedisce di scegliere i propri rappresentanti agli aventi diritto, quanto dell’astensionismo, molto spesso al governo finiscono coalizioni che rappresentano poco più di un quarto dell’intero popolo elettorale.

    Proprio in ragione di questa situazione la figura istituzionale dovrebbe essere una figura unificante e non certamente divisiva della sua attività politica ed istituzionale ed a maggior ragione nelle proprie esternazioni.

    Viceversa, da anni le maggiori cariche istituzionali esprimono personaggi passati direttamente da un ideologico bar all’angolo ai vertici dello Stato ed esternano il solo proprio chiaro orientamento politico e, di conseguenza, dimostrano di non essere in grado di rappresentare lo Stato nella propria unità.

    Dismettere le vesti ideologiche e politiche ed assumere una “nudità ideologica” dovrebbe rappresentare la conditio sine qua non in grado di assicurare la rappresentanza dell’intero Paese.

  • Il Presidente del Consiglio

    Questa è la testimonianza inequivocabile della “ideologia eversiva” dei centri sociali e degli antagonisti di sinistra: la sagoma posta a testa in giù ed appesa “esanime” è pronta per l’orrendo vilipendio del corpo ripercorrendo la storia di 75 anni fa.

    Ovviamente si sprecheranno le giustificazioni espresse dai vertici di tutti i partiti di sinistra, fino ad arrivare alla famosa frase “sono solo compagni che sbagliano” magari solo nella forma e nei modi.

    Per chi ha vissuto, invece, anche se solo da liceale, gli anni di piombo con le vittime innocenti di azioni assassine e delle stragi operate da organizzazioni terroristiche tanto di sinistra quanto di destra, non sarà difficile percepire le similitudini nei toni degli slogan e nei conseguenti comportamenti dei centri sociali (gli epigoni di Autonomia Operaia e Lotta Continua) i vagiti di una nuova sinistra non più solo antagonista. Ora vengono poste le basi ideologiche per un substrato “culturale” nel quale possano attecchire le malsane menti malate di una nuova forza eversiva.

    La storia spesso si ripete con forme forse diverse, ma attraverso contenuti decisamente simili anche se espressi a decenni di distanza. Allo Stato, nella sua articolata struttura istituzionale, e alle forze politiche va attribuita la responsabilità di comprendere i pericoli e le criticità di questa situazione esplosiva. Di conseguenza dagli stessi ci si dovrebbe attendere la capacità di attuare un diverso monitoraggio delle evoluzione di questi movimenti, ma, al tempo stesso, dovrebbe emergere una volontà politica di riconoscere le radici sociali, economiche e politiche che originano le cause di simili comportamenti.

    La risultante di queste due strategie dovrebbe portare alla conoscenza dalla quale elaborare e dimostrare la volontà di porvi rimedio togliendo così le ideologiche giustificazioni addotte da sempre dalle organizzazioni estremiste e quindi evitare di  arrivare ancora ad una nuova ondata terroristica.

  • Quale senso della realtà

    Come se nulla fosse più importante dell’affermazione della propria supremazia ideologica, in un periodo (oltre due anni) di forte difficoltà non solo sanitaria ma anche economica il delirio ideologico politico dei massimi esponenti della maggioranza non si ferma neppure mentre si annuncia nel 2022 una stangata per le bollette con rialzi fino al 61% del gas seguiti da rincari fino al 48% per la luce (percentuali già calcolate sui rincari già avvenuti nel 2021).

    Questa situazione determinerà inevitabilmente una quinta, contemporanea alla quarta, ondata di pandemia ma in questo caso di natura esclusivamente economica, ma non per questo meno devastante.

    In questo incredibile contesto solo pochi mesi fa un ministro inneggiava al boom economico e affermava senza pudore che “Col super green pass avremo un Natale totalmente aperto. Nessuna restrizione per i vaccinati, per le attività sociali, culturali e del tempo libero e consumi da boom economico”, by Renato Brunetta (04.12.21).

    Contemporaneamente un segretario di partito della maggioranza pensa per il 2022 di riproporre il Decreto Zan dopo averlo affossato per la propria incapacità di trovare una semplice e possibile mediazione.

    Entrambi, Brunetta e Letta, rappresentano la peggiore espressione di quella medesima presunzione intellettuale, mai come in questo caso assolutamente risibile e priva di qualsiasi riscontro oggettivo.

    Esiste un limite anche nella dimostrazione di disprezzo nei confronti dei cittadini e questi due politici lo hanno già ampiamente superato.

    Il senso della realtà invece rimane sconosciuto ad entrambi.

  • I costi della ideologia ambientalista

    Molto spesso si parla di ideologia ambientalista solo in relazione alla pura scelta fideistica ed ideologica ma mai in riferimento ai suoi eventuali costi, soprattutto in una prospettiva futura che queste scelte scaricano sulla collettività come espressione delle cieca ideologia.

    Il termine ideologia ambientalista, quindi, serve a definire un movimento politico molto spesso privo di competenze specifiche ma sostenuto dalla fede ideologica divenuta la propria ragione anche solo di sopravvivenza politica a scapito ovviamente degli interessi del paese e dei cittadini la cui provenienza spesso viene da ideologie politiche ampiamente sconfitte dalla storia.

    In questo contesto risulta impossibile pretendere da questi novelli cavalieri della salvezza del pianeta anche la sola comprensione dell’effetto devastante per la vita quotidiana dei cittadini delle proprie decisioni. Nel 2020 il governo Conte stabilì il blocco delle trivellazioni per l’estrazione del gas per la zona di Ravenna nella quale da sempre l’attività estrattiva nel suo complesso è una delle principali realtà economiche e contemporaneamente fonte di occupazione di alto livello. Una decisione scellerata e puramente ideologica la quale ha determinato come prima nefasta conseguenza l’aumento fin da subito del livello di dipendenza dell’approvvigionamento energetico del nostro Paese, problema ovviamente sconosciuto ai rappresentanti di questo delirio ideologico. Questo miope divieto ovviamente non riguardava la Croazia la quale ha continuato giustamente ad estrarre il gas dal mare Adriatico traducendo questa disgraziata scelta politica del governo Conte e dalla sua maggioranza (5Stelle e Pd) in nuova disoccupazione per un’economia già in difficoltà regalando anche un ulteriore vantaggio competitivo ad un nostro concorrente come lo stato della Croazia.

    Da sempre l’effetto delle scelte politiche si dimostra non tanto nell’immediato quanto nel medio e lungo termine. Certamente nel 2020 nessuno poteva immaginare una crisi energetica di simili proporzioni tuttavia la scelta ideologica del governo Conte già allora si dimostrò scellerata di per sé ed ora persino disastrosa in un contesto di estrema difficoltà come quello attuale.

    Va ricordato infatti come il gas che noi importiamo costi più del doppio rispetto al costo pagato dall’utenza croata.

    Ecco quindi come le responsabilità della chiusura, per esempio, per il caro bollette di alcune vetrerie a Burano (Venezia) e di molte aziende tessili che stanno fermando la produzione in quanto la bolletta elettrica le rende anti economiche non nasca solo da un contesto internazionale di estrema difficoltà ma dalla semplice ottusità di chi ci ha governato negli ultimi anni.

    Esponenti politici espressione di quella ideologia ambientalista che non si preoccupa dei disastri economici provocati ma semplicemente  vive di luce propria come unica ragione della propria esistenza ed azione.

  • La democrazia condivisa e Bella ciao

    La democrazia rappresenta una forma di governo basata sulla condivisione di principi e valori da parte di tutta la variegata composizione della cittadinanza. L’Inno nazionale la rappresenta e possiede la funzione di esprimere un senso di appartenenza il più ampio possibile. Bella ciao rappresenta, invece, solo una parte ben definita di questo Paese che si riconosce nei valori della Resistenza, ma forse neppure tutta in considerazione della sua articolata composizione. Questi stessi valori ovviamente non possono venire considerati in antitesi rispetto a quelli democratici condivisi ma di certo rispecchiano una visione di parte quindi risultano divisivi.

    Imporre ora, in quanto la sola richiesta rappresenta già un atto di imposizione, dopo l’Inno nazionale questa Bella ciao rappresenta un atto antidemocratico in quanto esprimerebbe solo la volontà di una parte dei cittadini bypassando il ‘sentiment’ della restante parte di italiani.

    Ancora una volta la democrazia viene intesa da una parte di un preciso ed identificabile schieramento politico come il mezzo attraverso il quale imporre la propria visione ideologica all’intero Paese. Quando il principio stesso della democrazia, basato, si ricorda, proprio sulla condivisione di valori comuni, dovrebbe escludere qualsiasi tentativo di imposizione ideologica esclusiva e divisiva.

    E’ evidente come alla compagine che abbia proposto questa iniziativa sfugga completamente il concetto di democrazia condivisa la quale viene accettata ed utilizzata più come uno strumento per raggiungere i propri obiettivi politici. Una visione, quindi, molto lontana da quella di tutti gli altri italiani che considerano la nostra democrazia come espressione di una felice sintesi di valori condivisi.

  • La Molisana ed il terrorismo mediatico

    La furia iconoclasta, espressione del peggiore e fetido talebanismo identificabile nel “politicamente corretto”, sta massacrando il pastificio italiano
    ‘La Molisana’ per avere inserito all’interno della descrizione delle proprie varietà di paste dei riferimenti al littorio ed al periodo coloniale. E’ evidente anche per un bimbo come questa strategia di comunicazione non rappresentasse alcuna intenzione di proporre una apologia di quei periodi, semplicemente si intendeva offrire un riferimento storico (la storicità rappresenta un plus nella comunicazione) per un pastificio che da sempre utilizza solo grano italiano e rappresenta l’eccellenza del made in Italy nel mondo.

    L’interpretazione malevola e figlia di una mentalità malata, che trova la sponda anche all’interno del parlamento in tale Boldrini Laura, ha spinto la direzione marketing del pastificio addirittura a chiedere scusa per il riferimento, quando avrebbe dovuto tranquillamente ribadire il valore del semplice riferimento storico senza nessun riferimento ideologico. Per esplicita responsabilità di questi integralisti vengono esposti ad un ulteriore fattore di rischio, oltre a quello rappresentato dalla concorrenza nel mercato globale, i 207 dipendenti del pastificio ‘La Molisana’, con le rispettive famiglie, a causa delle follie terroristiche mediatiche che il politicamente corretto ormai esprime. Proprio i ridicoli esponenti di questa nuova politica integralista individuano un soggetto sulla base della propria follia ideologia con l’obiettivo di serrare i ranghi dei fedeli ed ottusi seguaci contro un nuovo nemico che oggi è rappresentato da ‘la Molisana’ e domani magari dal Maggiolino Volkswagen voluto e fabbricato su suggerimento di Adolf Hitler.

    La pochezza culturale di questi esponenti rappresenta la metastasi culturale di persone e leader che non trovando argomenti degni di una elementare attenzione preferiscono combattere l’esistente con il fine cosi anche di omettere la propria incapacità di proporre valori e tematiche attuali e contemporanee.

    Mai come oggi “credere, obbedire, combattere” rappresenta il motto della nuova versione di questo pericoloso movimento politico “politicamente corretto” che si manifesta come una semplice e viscida espressione del vuoto culturale. Ormai il nuovo fascismo viene rappresentato da questo integralismo talebano espressione della furia iconoclasta dei periodi più bui dell’oscurantismo culturale.

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