Il dumping ideologico
Le forme di dumping possono essere molteplici e la consapevolezza dovrebbe influenzare la politica economica e strategica dell’Unione Europea. Il costo del lavoro in Cina risulta inferiore del -77% rispetto al costo medio occidentale, fornendo così un vantaggio strutturale all’economia cinese e conseguentemente incrinando ogni modello di libero mercato votato alla semplice e scolastica applicazione del principio della concorrenza. Tuttavia questo differenziale viene determinato non solo da un basso livello retributivo ma anche dalla assenza di tutele dell’intero sistema produttivo e per questo assolutamente non paragonabile a quanto il mondo occidentale invece garantisce.
A questo “dumping retributivo” che già ha distrutto, all’inizio del terzo millennio, il sistema tessile abbigliamento, europeo anche grazie alla volontà speculativa di molte aziende che hanno delocalizzato la propria produzione, ora se ne aggiunge un secondo il quale da solo azzera ogni valore strategico alla politica europea per la “tutela dell’ambiente”.
Va infatti ricordato che in Cina ogni anno vengano importati cinque miliardi di tonnellate di carbone usato come combustibile per assicurare il 60% dell’energia elettrica fornita appunto dalle centrali a carbone. In questo modo vengono alimentati i sistemi industriali ed in particolare quello dell’automotive i cui prodotti, come l’auto elettrica, paradossalmente in Europa vengono invece considerati a “basso impatto ambientale”.
La forma più inquinante di produzione energetica quindi, quella a carbone, viene utilizzata dal settore automotive cinese il quale, proprio per questo motivo, è espressione di un ciclo produttivo a fortissimo impatto ambientale legato appunto all’utilizzo del carbone, un fattore determinante nella valutazione di impatto ambientale complessivo di un prodotto ed assolutamente non considerato all’interno dell’Unione Europea.
Prova ne sia che la stessa Unione Europea non solo omette di considerare e premiare il basso impatto ambientale della produzione di autoveicoli europei che utilizzano fonti energetiche sicuramente meno inquinanti di quella di origine carbonifera cinese, In più dal 2025 imporrà alle case automobilistiche europee il pagamento di sanzioni per tutte quelle aziende che non rispettasse i limiti di emissioni già arbitrariamente definiti. In questo modo non si valuta la qualità complessiva del ciclo produttivo dell’intero settore automotive europeo il cui impatto ambientale risulta minimo rispetto a quella cinese, ma addirittura lo si penalizza sulla base di valori ridicoli legati alle emissioni degli autoveicoli, quindi a valle della filiera produttiva.
In altre parole, la tecnologia automobilistica europea che ha permesso la riduzione negli ultimi vent’anni del – 97% delle emissioni di PM10 e del -92 % del NOx, attraverso l’applicazione di multe basate sul mancato rispetto di valori delle emissioni assolutamente ideologici, favorirà la concorrenza cinese e la sua produzione ad altissimo impatto ambientale. L’automobile cinese così viene doppiamente incentivata dal regime cinese attraverso la fornitura di energia in “dumping ambientale” oltre ai finanziamenti pubblici alle stesse case automobilistiche, ma anche la stessa Unione Europea la favorisce ulteriormente in quanto penalizza fiscalmente il settore automotive europeo.
Si passa, così, da un “dumping” relativo al costo del lavoro a quello energetico il quale al proprio interno contiene ed esprime in più articolato “dumping ideologico” la cui matrice politica si conferma di origine socialista ed in questo molto simile a quella adottata dal colosso cinese. Basti ricordare come l’Unione Europea possa essere considerata come la massima esponente di questo interventismo in ambito economico, in quanto risulta l’unica istituzione ad avere adottato il divieto, dal 2035, alla produzione ed alla vendita dei motori endotermici.
Il percorso intrapreso nell’Unione Europea da un sistema economico europeo espressione di valori liberali ed occidentali ad una società socialista è già stato avviato attraverso l’adozione dei principi ideologici del dumping ideologico.